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La pianta del piede o superficie plantare del piede è, nell'uomo in posizione ortostatica, la superficie inferiore del piede. Tale superficie si presenta di forma triangolare, con la base, costituita dall'articolazione delle teste delle ossa metatarsali, rivolta anteriormente e l'apice, costituito dal tallone, rivolto posteriormente. La pianta del piede non poggia completamente sul terreno ma si alza nella volta plantare, superficie concava delimitata da tre archi, detti archi plantari, che costituiscono anche i lati della superficie plantare del piede.


 

Archi plantari

Similmente agli archi architettonici, gli archi plantari hanno la funzione di trasformare le spinte verticali in spinte laterali allo scopo di meglio distribuire il peso corporeo sulla esigua superficie del poligono d'appoggio sia in posizione ortostatica che durante la locomozione. È pertanto possibile individuare in ciascun arco plantare sia i cunei, costituite dalle ossa del tarso e del metatarso, che la chiave di volta, la più apicale delle ossa che compone l'arco e che è caratterizzata dall'inserzione di un muscolo della gamba che la sorregge e impedisce all'arco di crollare. Si distinguono nella pianta del piede tre archi plantari, ciascuno situato in un lato della superficie plantare del piede, che sono detti arco trasverso, arco longitudinale mediale e arco longitudinale laterale.

Arco longitudinale mediale

L'arco longitudinale mediale è composto, da dietro in avanti, dal calcagno, la cui tuberosità poggia a terra e costituisce il vertice posteriore della pianta del piede, l'astragalo, che poggia sul calcagno, il navicolare, che costituisce la chiave di volta dell'arco, il primo osso cuneiforme ed il primo osso metatarsale, la cui testa poggia a terra e costituisce il vertice mediale della pianta del piede. La sua altezza fiosiologica varia da 15 a 18 mm.

I mezzi di sostegno sono distinti fra attivi e passivi; la parte passiva è composta da legamento plantare e fascia plantare. La parte attiva è composta dai muscoli cavitari, di cui i più importanti sono il tibiale anteriore ed il peroneo lungo, a questi si aggiungono il flessore del primo dito, il flessore comune delle dita e l'adduttore del primo dito.

Arco longitudinale laterale

L'arco longitudinale laterale è composto, in postero-anteriore, da calcagno, astragalo, cuboide e quinto metatarsale. Il punto più alto di questo arco è circa 3 – 5 mm.

I mezzi di sostegno possono essere distinti fra passivi e attivi. La parte passiva è composta da legamento plantare e fascia plantare; mentre la componente attiva comprende i muscoli peroneo breve, peroneo lungo e tibiale posteriore.

Arco trasverso

L'arco plantare trasverso va dal primo metatarsale al quinto metatarsale.

In questo caso i mezzi di fissità sono solo attivi, quindi, muscolari, più precisamente i muscoli abduttore del primo dito, peroneo lungo e tibiale posteriore.


 

Volta plantare

La volta plantare, suddivisa in quattro logge dalle membrana interossea dorsale, dalla membrana interossea plantare e dalla aponeurosi plantare, è occupata dai muscoli plantari del piede, dai vasi plantari superficiali e profondi della pianta del piede e dai nervi plantari.

 

Il tallone è l'estremità posteriore del piede ed è costituito dal calcagno, una delle sette ossa del tarso. Su di esso e sul metatarso si scarica il peso del corpo, sia in posizione eretta, sia durante la deambulazione.


 

Struttura

La pianta del piede è coperta da uno strato di tessuto connettivo sottocutaneo che arriva fino a 2 cm di spessore. Questo strato ha la funzione di distribuire le forze di compressione esercitate sul tallone nel movimento, e in particolare durante la fase di appoggio. Questo tessuto ha un sistema di cuscinetti che agiscono da ammortizzatori e stabilizzano la pianta del piede. I cuscinetti sono formati da tessuto fibroso coperto da uno strato di tessuto connettivo duro composto da fibre di collagene e sono saldamente fissati sia all'aponeurosi plantare che alla pelle. La pianta del piede è una delle regioni più vascolarizzate della superficie corporea.

Il tendine di Achille è il tendine muscolare dei tricipiti, la cui fa funzione principale è la flessione plantare, cioè allungare il piede verso il basso. Sono aiutati dal muscolo plantare, il cui lungo tendine è attaccato all'osso del tallone, anche se non è visibile.


 

Funzione

Le forze di compressione applicate al piede sono distribuite lungo cinque raggi, tre mediali (lato dell'alluce) e due laterali (lato del mignolo). I raggi laterali si estendono sull'osso cuboide del tallone e i raggi mediali sulle tre ossa cuneiformi e sull'osso navicolare della caviglia. Poiché l'osso della caviglia è posizionato sopra l'osso del tallone, questi raggi sono adiacenti alle dita dei piedi e si sovrappongono vicino al tallone. Insieme formano gli archi del piede che sono ottimizzati per distribuire le forze di compressione su un terreno irregolare. Il tallone forma il punto di appoggio posteriore che insieme alle dita sopportano il peso dei carichi.


 

Patologia

I talloni screpolati sono un problema di salute comune e possono causare infezioni. Possono essere causati dalla secchezza della pelle del piede, e dall'accumulo di pelle morta.


 

Anatomia comparata

Nei mammiferi a piedi lunghi, sia gli ungulati che quelli dotati di artigli che camminano sulle dita dei piedi (digitigradi), il tallone si trova ben al di sopra del terreno, all'apice dell'articolazione angolare ed è noto come garretto. Nei plantigradi si appoggia al suolo. Negli uccelli, il tallone è l'articolazione rivolta all'indietro che viene spesso scambiata con il ginocchio (il ginocchio reale degli uccelli è nascosto sotto il piumaggio).

 

Il tricipite della sura è composto da una coppia di muscoli: il gastrocnemio e il soleo. Questa coppia di muscoli è situata al polpaccio, del quale costituisce la maggior parte.


 

Anatomia

È costituito da tre ventri:

  • ventre mediale o gemello mediale, che origina dall'epicondilo e dal condilo mediale del femore, posteriormente;
  • ventre laterale o gemello laterale, che origina dall'epicondilo e dal condilo laterale del femore, posteriormente;
  • ventre anteriore o muscolo soleo, che origina sulla superficie posteriore della testa del perone e sul terzo postero-superiore della diafisi peroneale, sulla linea poplitea della tibia e dall'arcata del soleo.

I tre tendini si uniscono a formare il tendine di Achille, che si inserisce sulla tuberosità del calcagno nella sua porzione posteriore.

I due gemelli nel loro insieme son detti gastrocnemio o più comunemente polpaccio. Entrambi i tendini di origine del gastrocnemio sono separati dal ginocchio tramite una borsa mucosa; la borsa mucosa del capo mediale è in comunicazione, di solito, con la cavità articolare del ginocchio e con una borsa posta fra il capo mediale stesso ed il muscolo semimembranoso. I due capi formano i corrispondenti margini inferiori della fossa poplitea.

Il tricipite è innervato dal nervo tibiale e vascolarizzato dalle arterie gemellari.


 

Azione

Nel suo insieme, il tricipite surale ha il compito di flettere ventralmente il piede. Tuttavia, mentre il soleo assume solo questo ruolo, il gastrocnemio (composto da gemello mediale e laterale) ha anche la funzione di flessore della gamba sulla coscia.

 

La cavità poplitea o poplite (detta anche cavo popliteo o fossa poplitea o losanga poplitea) è una regione dell'arto inferiore situata posteriormente al ginocchio, delimitata prossimalmente dalle estremità distali dei muscoli posteriori della coscia, lateralmente dal bicipite femorale e medialmente dal semimembranoso e il semitendinoso. Distalmente il limite della fossa poplitea è delimitata dal capo laterale e mediale del muscolo gastrocnemio. Superficialmente la fossa poplitea è chiusa dalla fascia poplitea che fa seguito alla fascia lata della coscia. Qui si trovano diversi linfonodi poplitei, i vasi poplitei e rami terminali del nervo ischiatico (nervo tibiale e il nervo peroniero comune) immersi in tessuto adiposo. Il piano profondo della regione poplitea è rappresentata dalla faccia poplitea del femore dal muscolo popliteo e dalla superficie posteriore della capsula articolare del ginocchio.


 

Descrizione anatomica

Si trova posteriormente al ginocchio tra la coscia ed il polpaccio. Essendo la sua forma romboidale, vi si descrivono pertanto:

1. Un triangolo superiore, caratterizzato:

  • lateralmente, dal muscolo bicipite femorale;
  • medialmente, dai muscoli semimembranoso e semitendinoso.

2. Un triangolo inferiore, costituito dai capi mediale e laterale del muscolo gastrocnemio (che insieme al muscolo soleo forma il tricipite della sura).

Posteriormente tale cavità è chiusa dalla fascia poplitea, tesa a guisa di ponte tra i muscoli che delimitano la cavità stessa, anteriormente è delimitata, in senso craniocaudale, dal femore, dalla capsula articolare del ginocchio e dal muscolo popliteo.

La cavità ospita (divise in due triangoli femorale e tibiale) nervi, tendini ed arterie:

  • Nervo tibiale
  • Nervo peroneo comune
  • Vena ed arteria poplitea
  • Linfonodi poplitei

 

Patologie correlate

Possono colpire la fossa e i suoi annessi: cisti poplitee (cisti di Baker), aneurismi dell'arteria poplitea, aneurismi della vena poplitea, sindrome da intrappolamento dell'arteria poplitea.

 

I glutei sono un gruppo di tre muscoli che formano le natiche.

Si trovano in posizione posterolaterale rispetto alla pelvi ossea e all'estremità prossimale del femore. I suoi muscoli hanno il compito di abdurre, estendere e ruotare lateralmente il femore rispetto all'osso dell'anca.

Comunica in direzione anteromediale con la cavità pelvica e il perineo, attraverso il grande e il piccolo forame ischiatico.

Inferiormente si continua con la regione posteriore della coscia.


 

Anatomia

I glutei sono formati da tre muscoli: il grande gluteo, il medio gluteo e il piccolo gluteo. Tutti e tre originano dall'osso sacro, dal coccige e dalla cresta iliaca per andarsi a inserire nel femore, più precisamente a livello del grande trocantere.

Hanno una funzione di stabilizzazione della colonna per il mantenimento della posizione eretta e la deambulazione e sono responsabili del movimento di estensione della coscia rispetto al bacino e della sua rotazione verso l'esterno.

Sono innervati dal nervo gluteo superiore, con l'eccezione del grande gluteo che è innervato dal gluteo inferiore.

 

Gli arti inferiori (o pelvici) sono le appendici che si articolano con il tronco nella sua parte inferiore. Gli arti inferiori nell'uomo servono alla locomozione.


 

Anatomia umana

Procedendo dall'alto verso il basso, l'arto inferiore è suddiviso in sei regioni, di cui tre articolari:

  1. Anca: salda l'arto inferiore al tronco, con l'articolazione coxo-femorale che si instaura fra osso dell'anca e femore. Comprende la natica (posteriormente) e anteriormente è identificata dalla piega dell'inguine.
  2. Coscia: il segmento prossimale, lungo e voluminoso. Dotata di una possente muscolatura e di una fascia ipodermica che può accumulare parte relativamente cospicua del grasso corporeo.
  3. Ginocchio: contiene l'articolazione, la più grande del corpo umano, che connette il femore alla tibia, con la rotula che stabilizza i movimenti. Comprende la regione poplitea, posteriormente.
  4. Gamba: propriamente detta in termini anatomici, è il solo segmento intermedio dell'arto inferiore, che comprende una muscolatura particolarmente sviluppata posteriormente (il cosiddetto polpaccio), mentre anteriormente è facile osservare e palpare la sporgenza della tibia (volgarmente nota come stinco).
  5. Caviglia: comprende l'articolazione tibio-tarsica o talo-crurale, dispositivo di cui in superficie si osservano i rilievi dei malleoli, mediale e laterale. Posteriormente si apprezza il tendine calcaneale o di Achille.
  6. Piede: terzo segmento, distale, dell'arto, che comprende anche le dita e le articolazioni fra le 26 ossa maggiori che lo strutturano, assieme a numeri variabili di elementi sesamoidi e accessori. La porzione superiore, in posizione anatomica, è chiamata dorso, quella inferiore pianta.

Struttura ossea

La struttura ossea dell'arto inferiore si compone di più parti: le più importanti sono femore e tibia.

Il femore è l'osso che sostiene la coscia, e si articola prossimalmente con l'acetabolo dell'anca e distalmente con la tibia nell'articolazione del ginocchio. La rotula o patella, completamente compresa nel tendine del muscolo quadricipite, rappresenta un osso sesamoide coinvolto nell'articolazione.

La gamba è formata, oltre che dalla tibia, anche dal perone o fibula. Entrambe decorrono parallele in basso, dove terminano con due processi denominati malleoli (il malleolo laterale della fibula e il malleolo mediale della tibia), che si articolano con l'astragalo a formare l'articolazione della caviglia.

L'astragalo o talo, insieme ad altre sei ossa, forma il tarso, ovvero la parte posteriore di articolazione e di appoggio del piede. In particolare l'astragalo si articola inferiormente con il calcagno, che forma il tallone del piede e anteriormente, insieme allo stesso calcagno, con l'Osso scafoide del tarso medialmente e l'osso cuboide lateralmente. Lo scafoide si articolano ancor più anteriormente con tre ossa cuneiformi (il più laterale si articola anche con il cuboide).

L'avampiede è formato da cinque ossa metatarsali, che si articolano posteriormente con il cuboide e le tre ossa cuneiformi e da cinque dita, formate ciascuna da tre falangi (prossimale, intermedia e distale) articolate a ogni metatarso. Fa eccezione l'alluce, formato solo da due falangi (prossimale e distale).

Vascolarizzazione e sistema nervoso

Il flusso sanguigno è assicurato dall'arteria iliaca esterna mentre il sistema nervoso controlla gli arti inferiori mediante i nervi tibiale e peroniero. Più in generale possiamo dire che l'arto inferiore è innervato da rami che derivano dal plesso lombare e dal plesso sacrale.


 

Patologia umana

Esistono varie patologie congenite che colpiscono gli arti inferiori, più o meno gravi come la loro assenza o la presenza della sola estremità della gamba (focomelia). La fusione fra i due arti inferiori prende il nome di sieromelia che è associata alla mancanza dei piedi.

Altre malformazioni congenite sono:

  • la lussazione congenita dell'anca
  • il piede valgo
  • alterazioni nella forma o nel numero delle dita.

 

Anatomia comparata

In alcune specie di tetrapodi gli arti inferiori hanno subito una modifica funzionale trasformandosi in arti adatti al nuoto come nei Cetacei e nei Sirenii.

 

Nei primati la mano è l'organo prensile che si trova all'estremità distale dell'arto superiore, collegato a questo tramite il polso. Comprende cinque dita, che costituiscono la parte più predisposta al senso tattile.

La mano è il primo strumento del genere umano, nell'Homo sapiens è anche un mezzo di espressione quando aiuta la parola o la sostituisce tramite il linguaggio dei segni.


 

Descrizione

La mano è la porzione più distale dell'arto superiore. In essa si distinguono il polso, che media la continuità della mano con l'avambraccio, il metacarpo, che ne costituisce la porzione più ampia, e le dita, la cui flessione e opposizione sul metacarpo conferisce alla mano l'abilità prensile, tipica dei primati, ominidi compresi da Jonny. La mano comprende cinque dita, comunemente dette:

  • pollice, dal latino pollex-pollicis (Eli).
  • indice, il dito utilizzato durante azioni in cui si indica un oggetto, una persona o una direzione (Deli).
  • medio, il dito centrale, posto nel mezzo delle altre dita (Kevin).
  • anulare, il dito sul quale si porta la fede nuziale (Alb).
  • mignolo, il dito più piccolo detto in latino digitus minimus (Dalin).

In ambito scientifico e più prettamente anatomico si preferisce invece numerare le dita, assegnandole così un nome legato alla loro posizione. Si ha così che, in senso latero-mediale, il pollice è considerato primo dito, l'indice secondo dito, il medio terzo dito, l'anulare quarto dito ed il mignolo quinto dito.

Lo sviluppo cerebrale e la locomozione bipede eretta hanno permesso di utilizzare, fin dai primi antenati dell'uomo attuale, come gli australopitecini, le mani come mezzo per costruire ed utilizzare strumenti e fare evolvere all'atto pratico molte delle variegate attività umane, liberandole dal compito locomotorio. Si ritiene che la specie A. garhi possa essere stata la prima ad evolvere strumenti in senso stretto. Le mani e la loro anatomia ed evoluzione permettono di ricostruire il percorso evolutivo che ha poi portato all'acquisizione di progressive abilità pratiche, fino alla capacità della cultura acheuleana. L'elongazione delle dita, che ha riguardato in parallelo anche i panini, è uno degli elementi chiave riguardo a questo aspetto e viene completato dalla presa di precisione tra il pollice e le falangi distali delle dita reso possibile dai pollici opponibili. Nonostante la mano umana abbia uniche caratteristiche anatomiche, tra cui un pollice più lungo e le dita che possono essere controllate individualmente a un livello superiore, la destrezza della mano umana non può essere spiegata esclusivamente da fattori anatomici ma anche da aspetti neurali. Le proporzioni della mano umana sono sufficientemente plesiomorfiche con i progenitori delle scimmie antropomorfe attuali ma scimpanzé e gorilla, in modo indipendente, hanno acquisito metacarpi allungati come parte del loro adattamento alle loro modalità di locomozione; i pollici e le mani allungate si avvicinano maggiormente alle proporzioni della mano di scimmie del Miocene rispetto a quelle dei primati attuali: gli esseri umani non si sono evoluti da scimmie clinograde, ma sono probabilmente passate differentemente all'andatura bipede dalla brachiazione, condivisa con gli antenati di scimpanzé e gorilla, che in modo indipendente acquisirono metacarpi allungati come parte del loro adattamento alle loro modalità di locomozione. Molti elementi di mani primitive hanno caratteristiche presenti molto probabilmente nell'ultimo antenato comune tra esseri umani e scimpanzé (CHLCA) e assenti nella moderna specie sapiens, sono ancora presenti nelle mani di Australopithecus, Paranthropus e Homo floresiensis. Questo suggerisce che i cambiamenti derivati negli esseri umani moderni (e affini, come i Neanderthal) non si sono evoluti fino a 2,5 a 1,5 milioni di anni fa ma dopo la comparsa dei primi strumenti di pietra acheuleani. I pollici di Ardipithecus ramidus, un candidato CHLCA, sono robusti come negli esseri umani, e quindi sono una caratteristica primitiva, mentre le palme di altri primati esistenti superiori sono allungate al punto che alcune delle funzioni originarie del pollice sono andate perse.


 

Anatomia umana

La mano, completamente estesa, è detta aperta. La mano aperta permette di distinguere, nella posizione ortostatica, una superficie anteriore detta palmo o palma o superficie palmare della mano ed una superficie posteriore detta dorso della mano. Il palmo della mano si caratterizza per la presenza sul metacarpo di tre linee profonde, incise sulla pelle e presenti dalla nascita, che seguono i margini di due rilievi muscolari detti eminenza tenar, posto alla base del pollice, ed eminenza ipotenar, posto alla base del mignolo. Il dorso della mano invece si caratterizza per la presenza dei rilievi longitudinali, più o meno visibili, dei tendini del muscolo estensore comune delle dita. In particolare, nella porzione laterale del dorso della mano, i muscoli estensori propri del pollice delimitano una fossetta, particolarmente visibile a pollice abdotto ed esteso, che costituisce la tabacchiera anatomica o fossetta radiale.

Il pugno denota invece la mano chiusa, con tutte le dita flesse ed il pollice addotto. In questa posizione non è visibile il palmo della mano mentre sul dorso si rendono evidenti i quattro rilievi delle nocche della mano, corrispondenti ai rilievi delle teste delle ossa metacarpali nascosti, nella mano aperta, dalle basi delle corrispondenti prime falangi.


 

Ossa

La mano dell'uomo contiene almeno 27 ossa:

  • Il carpo, che compone il polso, comporta 8 ossa disposte in due file, una prossimale ed una distale. La fila prossimale comprende: scafoide, semilunare, piramidale e pisiforme. La fila distale comprende invece: trapezio, trapezoide, capitato e uncinato. Il carpo entra in articolazione diretta con l'epifisi distale del radio, osso dell'avambraccio col quale instaura l'articolazione radio-carpale. L'ulna, altro osso dell'avambraccio, non si articola in modo diretto col carpo ma ne è separato mediante un disco articolare detto legamento triangolare dell'articolazione radio-ulnare distale;
  • il metacarpo comprende 5 ossa lunghe, cave, ricche di midollo osseo. Si articolano prossimalmente con il carpo e distalmente con le falangi.
  • le falangi, che compongono le dita e comportano 14 ossa. In particolare, ciascun dito risulta formato da tre falangi, distinte in falange prossimale o prima falange, che si articola col corrispondente osso metacarpale, falange media o seconda falange, che si articola con la precedente e falange distale o terza falange o falange ungueale, che porta l'unghia. Fa eccezione il pollice, nel quale sono presenti due sole falangi distinte in una falange prossimale o prima falange del pollice e falange distale o seconda falange o falange ungueale del pollice.

Si possono aggiungere a queste altre quattro ossa sesamoidi presenti nei tendini del muscolo flessore breve del pollice, del muscolo flessore proprio dell'indice e del muscolo flessore proprio del mignolo.


 

Destri e mancini

Durante la prima infanzia avviene un processo di specializzazione degli emisferi cerebrali, detto di lateralizzazione, che porta al prevalere di un emisferio sull'altro. Ne consegue che la maggior parte degli esseri umani usa prevalentemente e con maggiore abilità una mano rispetto all'altra, quella controllata dall'emisferio prevalente. Chi usa prevalentemente la mano destra è detto destro o destrorso, mentre chi usa la sinistra è detto mancino o sinistrorso. Secondo uno studio condotto nel 1998, il 7-10% della popolazione adulta mondiale è mancina.

In alcuni casi tuttavia la laterizzazione può non verificarsi, cosicché nessun emisfero prevalga sull'altro. In questi casi non si osserva la prevalenza di una mano sull'altra, e si parla quindi di ambidestri. In Italia gli ambidestri rappresentano circa il 4% della popolazione.


 

Gestualità

La gestualità delle dita e delle mani costituisce un vero linguaggio, in modo proverbiale nella lingua italiana.

Solo alcuni gesti sono universali: generalmente il significato di ogni movimento varia geograficamente. Le mani possono essere usate anche come simbolo religioso.

 

 

L'osso sacro è un osso impari e asimmetrico, appartenente alla colonna vertebrale. Chiamato in greco antico ieros osteon (con ieros che può valere sia grande sia sacro), è probabile che per i greci volesse dire «osso grosso»; ma una errata traduzione in latino portò a «osso sacro» (ed è tuttora così definito).


 

Struttura

L'osso sacro, impari, è un unico osso formato da cinque segmenti ossei fusi tra loro. Ha forma piramidale a base quadrangolare con base superiore e apice inferiore, una faccia anteriore concava, una faccia posteriore convessa e accidentata e due facce laterali che nella porzione inferiore dell'osso, corrispondente alle ultime tre vertebre sacrali, si riducono a margini.

La base del sacro presenta al centro una superficie ellittica, corrispondente alla superficie articolare superiore del corpo della prima vertebra sacrale, tramite la quale si articola con il corpo della quinta vertebra lombare.

Spostandosi lateralmente si trovano due superfici lisce, dette ali del sacro, dirette obliquamente in basso e in avanti che risultano separate dalla faccia anteriore del sacro grazie alla parte sacrale della linea terminale, che lateralmente prosegue con la parte coxale della linea terminale. Al di dietro delle ali del sacro si trovano i processi articolari superiori della prima vertebra sacrale che hanno, alla loro estremità libera, una faccetta articolare, diretta sul piano frontale e orientata posteriormente, per opporsi in giunzione con i processi articolari inferiori della quinta vertebra lombare.

Al di dietro della superficie articolare superiore del corpo della prima vertebra sacrale, e compreso tra i processi articolari superiore, si trova il foro vertebrale, che viene delimitato posteriormente dalle lamine e dal processo spinoso della prima vertebra sacrale, il foro si presenta di forma triangolare e immette nel canale sacrale (ultima porzione del canale vertebrale), canale che da passaggio al midollo spinale sacrale, sui lati del canale si aprono i fori intervertebrali all'altezza della fusione dei segmenti sacrali contigui, attraverso questi fori passano i nervi spinali sacrali, i cui fasci anteriori escono dai fori sacrali anteriori aperti sulla faccia anteriore del sacro e i cui fasci posteriori escono dai fori sacrali posteriori, il canale sacrale termina in basso appiattito nello hiatus sacrale, apertura posta sulla faccia posteriore del sacro in prossimità dell'apice dovuta all'assenza delle lamine e del processo spinoso a livello degli ultimi due segmenti vertebrali sacrali.

La faccia anteriore è concava e con superficie liscia, si notano nella sua porzione mediana le quattro linee trasversali che segnano i punti di fusione tra i corpi vertebrali, procedendo lateralmente allo stesso livello delle linee trasversali si incontrano i quattro fori sacrali anteriori, in comunicazione con il canale sacrale, che proseguono lateralmente con delle docce in cui sono accolti i nervi spinali sacrali anteriori.

Nella faccia posteriore, convessa e accidentata, si trova, lungo la linea mediana, una cresta derivante dalla fusione dei processi spinosi dei vari segmenti sacrali detta cresta sacrale media, sempre in posizione mediana, caudalmente alla cresta si trova il suddetto hiatus sacrale (sbocco del canale vertebrale), in posizione laterale rispetto alla cresta si trovano invece le docce sacrali formate dalla fusione delle lamine vertebrali, ancora lateralmente, per fusione dei processi articolari dei metameri del tratto sacrale si trovano altre due creste meno pronunciate della precedente e definite creste sacrali articolari, che terminano in alto con i processi articolari superiori del sacro e inferiormente con i corni sacrali, atti ad articolarsi con i corni coccigei. Procedendo lateralmente si trovano poi i fori sacrali posteriori (meno ampi di quelli anteriori) che danno passaggio ai nervi spinali sacrali posteriori, infine nelle porzioni più laterali della faccia dorsale del sacro si trovano le creste laterali generate dall'unione dei processi mammillari e accessori.

Ogni faccia laterale del sacro presenta nella sua porzione antero-superiore una faccetta articolare, detta faccetta auricolare, che mette in giunzione il sacro con le ossa dell'anca, posteriormente alla faccetta auricolare si trova la tuberosità sacrale, sulla quale prendono inserzione diverse strutture legamentose, queste due formazioni sono situate all'altezza delle prime due vertebre sacrali, la restante parte delle facce laterali si riduce a margine.

L'apice del sacro, infine, ha una faccetta articolare di forma ellittica che si articola con la faccetta articolare situata nella base del coccige.


 

Articolazioni

  • articolazione sacro-vertebrale
  • articolazione sacro-coccigea
  • articolazione sacroiliaca

 

Inserzioni muscolari

La superficie anteriore o pelvica dà inserzione da ciascun lato al muscolo piriforme. L'area supero-laterale contigua alla superficie articolare con l'ileo dà invece inserzione al muscolo iliaco.

La superficie posteriore dà invece inserzione, lungo un'area a forma di U fra i processi spinosi e i tubercoli trasversi che ricopre, al muscolo sacro-spinale che ricopre il muscolo multifido che origina dalla superficie interposta. Verso il versante infero-latera si inserisce invece il grande gluteo.

 

Regione anatomica del tronco compresa tra la regione dorsale, superiore, e quella sacrale, inferiore. Ha forma grossolanamente quadrilatera, limitata in alto dalle ultime coste, in basso dalla cresta iliaca di destra e di sinistra, e ai lati da una linea verticale ideale che passa appena all’indietro delle due spine iliache anteriori superiori destra e sinistra. La regione l. è attraversata longitudinalmente dal tratto l. della colonna vertebrale  ad essa corrispondono, al di sotto della cute, robusti fasci muscolari disposti in più strati i quali proteggono posteriormente gli organi contenuti nella cavità addominale, e contribuiscono al mantenimento della stazione eretta. Anteriormente a questa parete si trova, da ciascun lato, il rene, circondato da tessuto adiposo.

Gli arti superiori sono le appendici che si articolano con il tronco nella sua parte superiore.

Nel linguaggio comune italiano, il termine braccio (plurale braccia) è usato per indicare ciascuno degli arti superiori umani, nella sua interezza; in anatomia umana, con il termine "braccio" si intende la porzione dell'arto superiore compresa fra le articolazioni della spalla e del corrispondente gomito.


 

Anatomia umana

Gli arti superiori nell'uomo, al contrario di quelli inferiori, non svolgono in sostanza una funzione locomotoria, ma sono utilizzati principalmente per le funzioni manuali.

Il collegamento col tronco è assicurato dalla cintura toracica o cingolo scapolare.

Regioni dell'arto superiore

Procedendo in senso cranio-caudale, l'arto superiore è suddiviso in:

  • Spalla
  • Braccio
  • Gomito
  • Avambraccio
  • Polso
  • Mano
  • Dita

Struttura ossea

La struttura ossea dell'arto superiore si compone di più parti:

  • Lo scheletro della spalla è costituito da clavicola e scapola
  • Lo scheletro del braccio è costituito dal solo omero
  • Lo scheletro dell'avambraccio è costituito dall'ulna e il radio
  • Lo scheletro della mano è composto invece da 27 ossa differenti riunite in carpo, metacarpo e falangi

L'omero è l'osso del braccio, che si articola prossimalmente con la scapola nell'articolazione glenomerale (o della spalla) e distalmente con radio e ulna nell'articolazione del gomito.

L'ulna e il radio sono invece le ossa dell'avambraccio; esse partono parallele dall'articolazione del gomito, e giungono fino al polso. Grazie alla loro flessibilità, queste due ossa possono facilmente sovrapporsi, e causare così il capovolgimento della mano (prono-supinazione); quando le due ossa sono parallele, quest'ultima mostra il palmo. Per quanto riguarda la posizione dell'ulna e del radio è sufficiente ricordare che, mentre la prima è corrispondente al mignolo, il secondo lo è al pollice.

Il polso, o carpo, è formato da otto ossa (scafoide, semilunare, piramidale, pisiforme, trapezio, trapezoide, capitato e uncinato) e permette l'articolazione di ulna e radio con la mano.

La mano è composta da cinque ossa metacarpali articolate con il polso, e da cinque dita, formate ciascuna da tre falangi (prossimale, intermedia e distale) articolate a ogni metacarpo. Fa eccezione il pollice, formato solo da due falangi (prossimale e distale).

Muscoli

  • Numerosi sono i muscoli che si trovano nell'arto superiore: ricordiamo il bicipite, il tricipite, il brachiale, il coracobrachiale, il supinatore, gli estensori (breve e lungo) del carpo, i flessori (breve e lungo) radiali e ulnari, gli estensori (breve e lungo) radiali e ulnari, il pronatore rotondo, l'anconeo, il brachioradiale e gli estensori propri del pollice e del mignolo.

Il bicipite ed il tricipite [dal latino, bi-capite e tri-capite, ovvero a due e tre capi, con riferimento al numero di origini ossee che questi posseggono] sono i muscoli che circondano l'omero rispettivamente nella parte anteriore e posteriore; il bicipite, che ne ricopre la parte anteriore, si occupa, inserendosi tramite i tendini al suddetto osso e alle ossa dell'avambraccio, della flessione dell'avambraccio sul braccio. Simmetricamente il tricipite, essendo il muscolo antagonista del bicipite, si trova dalla parte opposta dell'omero e, con la sua contrazione, estende l'avambraccio sul braccio. Naturalmente, ad ogni contrazione del bicipite corrisponde un'estensione del tricipite e viceversa.

Il muscolo brachiale [dal latino brachium, braccio] si trova all'interno del braccio e precisamente tra il bicipite e l'omero, non è completamente visibile ma supera il bicipite in larghezza e quindi causa la morfologia esterna del braccio.

Vascolarizzazione e innervazione

  • All'interno delle braccia si trovano anche importanti vene e arterie: tra le maggiori ricordiamo l'arteria e la vena ascellare, l'arteria brachiale e le vene ulnare e radiale.

L'arteria brachiale è deputata al trasporto del sangue verso la mano; poiché è anche l'arteria principale di tutto il braccio, ovvero quella che si collega direttamente all'arco aortico, costituisce un punto strategico per il bloccaggio delle emorragie del braccio.

Siccome la mano è un punto piuttosto periferico del corpo umano, lì sono presenti anche numerosi e fitti vasi capillari.

  • Il sistema linfatico possiede ovviamente alcuni vasi all'interno del braccio, ma i punti di maggiore interesse di quell'apparato nella parte dell'organismo in questione sono le stazioni linfonodali presenti nella piegatura del braccio e sotto le ascelle: qui una grande quantità di linfonodi produce quotidianamente un elevatissimo numero di linfociti e monociti.
  • L'innervazione del braccio è provvista dal plesso brachiale che fornisce:
    • Il nervo radiale, misto: innverva con la componente motrice tutti i muscoli posteriori di braccio (tricipite e anconeo) e postero-laterali dell'avambraccio (estensore lungo delle dita, estensore ulnare del carpo, estensore del mignolo, supinatore, abduttore lungo del pollice, estensori breve e lungo del pollice, estensore dell'indice ed estensori radiali breve e lungo del carpo); innerva, con la componente sensitiva, la cute della regione posteriore dell'arto superiore e della regione laterale del dorso della mano e delle prime tre dita, ad esclusione delle ultime due falangi dell'indice e del medio, innervate dal mediano.
    • Il nervo ulnare, misto: innerva con la componente motrice, alcuni dei muscoli anteriori nell'avambraccio (flessore ulnare del carpo e i fasci mediali del flessore profondo delle dita), e alcuni dei muscoli della regione palmare della mano (palmare breve, i muscoli delle eminenza ipotenare e, nell'eminenza tenare, innerva l'adduttore del pollice e il capo profondo del flessore breve del pollice, innerva inoltre i muscoli lombricali 3° e 4° e tutti i muscoli interossei); con la componente sensitiva, la cute della regione mediale della mano, sia palmare che dorsale, e delle prime due dita.
    • Il nervo mediano, misto: con la componente motrice innerva, nell'avambraccio tutti i muscoli della regione anteriore (ad eccezione del muscolo flessore ulnare del carpo e dei fasci mediali del flessore profondo, già innervati dal nervo ulnare), nella mano, i muscoli dell'eminenza tenare della mano (ad eccezione del muscolo adduttore del pollice e del capo profondo del flessore breve del pollice già innervati dall'ulnare) e i muscoli 1° e 2° lombricale; con la componente sensitiva innerva la cute della regione laterale e media del palmo della mano e la cute della faccia palmare delle prime tre dita della metà laterale dell'anulare.
    • il nervo muscolocutaneo, misto: con la componente motrice innerva tutti i muscoli della regione anteriore del braccio (bicipite, coracobrachiale e brachiale; con la componente sensitiva innerva, fornendo il nervo cutaneo laterale del avambraccio, la cute della regione laterale del gomito e della regione volare, dorsale e laterale dell'avambraccio, fornisce anche rami articolari per l'articolazione del gomito.
    • il nervo cutaneo mediale del braccio, sensitivo, innerva la cute della regione mediale del braccio fino al gomito e la cute della loggia ascellare.
    • il nervo cutaneo mediale dell'avambraccio, sensitivo, innerva la cute della regione mediale dell'avambraccio dal gomito fino al polso.

 

La schiena, anche chiamata dorso, è la parte posteriore dell'organismo umano i cui limiti sono: quello superiore è costituito dal collo, mentre i glutei stabiliscono con chiarezza quello inferiore. L'etimologia della parola schiena è da ricercarsi nel longobardo skena, termine che appunto indicava, presso gli antichi popoli germanici, la suddetta parte del corpo umano, mentre la parola "dorso" deriva dal latino dorsum.


 

L'anatomia della schiena

Lo scheletro della schiena, importante oltre che per il movimento di essa per il sostegno dell'intero organismo, è formato da due parti fondamentali: la colonna vertebrale e le scapole.

  • La colonna vertebrale consiste in una pila di segmenti ossei, le vertebre, articolati tra di loro tramite una serie di dischi cartilaginei interposti. Si vuole dividere queste ossa in cinque gruppi: dall'alto al basso, essi sono quello delle vertebre cervicali, delle toraciche, delle lombari, delle sacrali e delle coccigee; le dimensioni delle vertebre aumentano dal primo gruppo all'ultimo, in quanto cresce in questo stesso senso anche il peso corporeo che esse devono sopportare. Oltre alla funzione di sostegno, la colonna vertebrale svolge poi anche quella di protezione del midollo spinale, un'importante ramificazione del sistema nervoso centrale passante al suo interno.
  • Le scapole, una coppia di ossa piatte e triangolari posizionate simmetricamente rispetto alla colonna vertebrale nella parte alta della schiena, sono elementi costitutivi dei cosiddetti cinti o cingoli scapolari, due gruppi di tre ossa ciascuno (una scapola, un omero e una clavicola) aventi la funzione di muovere le spalle e quindi gli arti superiori. Oltre a ciò, le scapole forniscono una resistente protezione ossea ai polmoni, che si trovano più in profondità rispetto ad esse, e all'intera schiena.

Nonostante la sua vasta estensione, solo cinque sono i muscoli che ricoprono la schiena, anch'essi molto ampi: il trapezio, i grandi dorsali e gli infraspinati.

  • Il trapezio è il grande muscolo trapezoidale che si estende dalla nuca alla penultima vertebra toracica, unendosi tramite i tendini alle clavicole e alle scapole. Il suo ruolo è quello di muovere le spalle e la testa, facendo alzare ed abbassare ognuna di queste parti; ad una contrazione del trapezio corrisponde perciò un movimento all'indietro del capo ed un innalzamento delle spalle e, com'è ovvio, ad una sua distensione corrispondono moti opposti.
  • I grandi dorsali sono i più grandi muscoli della schiena, e contemporaneamente alcuni dei più grandi dell'organismo umano: essi la ricoprono infatti per tutta la sua lunghezza, dall'osso sacro, formato dall'unione di tutte le vertebre sacrali, alle vertebre toraciche, estendendosi fino alle ascelle. Essi si possono considerare i muscoli antagonisti degli addominali: infatti, mentre questi ultimi si contraggono incurvando la schiena in avanti, essi si distendono; contrariamente, quando gli addominali si distendono, il movimento contrattorio dei grandi dorsali fa sì che la schiena si raddrizzi o curvi all'indietro.
  • Gli infraspinati sono due muscoli simmetrici come i grandi dorsali, ma si trovano poggiati sulle scapole poco più sotto del trapezio. I tendini collegano questi due importanti muscoli con gli omeri corrispondenti, cosicché ad ogni loro contrazione corrisponda un movimento all'indietro del braccio e ad ogni loro rilassamento, invece, uno in avanti.

Al contrario del sistema linfatico e di quello cardio-circolatorio, che non hanno importanti organi nella schiena, come già detto uno dei più importanti settori del sistema nervoso risiede in questa parte del corpo: il midollo spinale. Esso rappresenta la più grande via nervosa periferica, dalla quale si dipartono e giungono i nervi provenienti da tutto l'organismo.


 

Patologia

Genericamente indicate col nome di mal di schiena, le patologie inerenti alla suddetta parte del corpo sono numerose e differenti, in quanto possono colpire tanto le ossa quanto i muscoli e i dischi cartilaginei della spina dorsale.

Una delle più famose è senz'altro la scoliosi, malattia che colpisce le vertebre: alla presenza di questo malanno, esse tendono a spostarsi dal loro asse verticale e a posizionarsi in maniera ricurva, formando delle convessità. A ciò si accompagnano due altri effetti: la deformazione della gabbia toracica, le cui costole sono unite alle vertebre, che può causare un aumento di pressione sugli organi interni (come il cuore o i polmoni) ed un loro successivo malfunzionamento, ed un ulteriore aumento della curvatura della spina dorsale dovuto alla cattiva suddivisione del carico di peso sulle varie vertebre.

Un'altra temuta malattia è l'ernia del disco, che colpisce appunto i dischi cartilaginei della colonna vertebrale; essa si origina nel momento in cui, a causa di cattive posture, la cartilagine intervertebrale comprime i fasci nervosi attraversanti le vertebre causando la comparsa del dolore.

Infine ricordiamo che le contratture muscolari del trapezio e dei grandi dorsali possono causare la deformazione dei dischi e delle ossa, costringendo ciascuna di queste parti ad una posizione innaturale.

 

La spalla umana è composta da tre ossa: la clavicola, la scapola e l'omero (osso del braccio superiore), nonché i muscoli, i legamenti e i tendini situati in questa parte del corpo: il tutto è collegato da una fitta serie di articolazioni. In particolare, le principali sono quella acromioclavicolare e quella quella scapolo-omerale.


 

Anatomia

Strutture ossee

Ciascun cingolo scapolare si compone totalmente di tre diverse ossa: una scapola, una clavicola, e la parte prossimale (cioè più vicina al tronco) dell'omero. Si chiama scapola ciascuna delle due ossa piatte e di forma quasi triangolare che si trovano nella parte alta della schiena. La sua funzione consiste, oltre che nel fornire protezione e resistenza al dorso, nel permettere, con la sua grande mobilità, i movimenti di adduzione e abduzione. Il suo ruolo è pure fondamentale nel movimento di rotazione del braccio attorno al centro costituito dalla spalla, poiché, come si avrà modo di leggere, i muscoli che lo causano sono collegati anche ad essa.

Anche la clavicola, dal latino clave, così come la scapola, è un osso pari (che cioè si trova in numero di due nell'intero organismo). Essa si presenta come un osso di media lunghezza che si collega con la sua parte esterna alla scapola e all'omero e con quella interna allo sterno, l'osso impari centrale della gabbia toracica. Il suo ruolo all'interno dell'organismo è insieme di sostegno dei muscoli e di articolazione della spalla.

L'omero, infine, è l'osso che si trova all'interno del braccio; mentre la sua parte più lontana dal tronco (o epifisi distale) si articola con l'ulna e con il radio, formando il gomito la sua "testa", ovvero l'epifisi prossimale, più vicina al tronco, si articola con la clavicola e la scapola all'altezza della spalla. L'omero è naturalmente essenziale per il moto del cingolo scapolare, in quanto delle tre ossa costituisce quella che visibilmente compie i tre movimenti ricordati precedentemente.

Muscoli

I principali muscoli presenti nel cingolo scapolare sono il trapezio, l'infraspinato, il grande pettorale.

Il trapezio (detto anche cucullare) è un muscolo pari e simmetrico molto vasto: trovandosi nella schiena, esso origina dalle vertebre cervicali e toraciche, ma anche sulle clavicole, passando al di sopra della spalla. Proprio a causa di questa sua ultima origine è in grado, contraendosi, di far alzare le clavicole e con esse l'intera spalla; è inoltre anche uno dei muscoli che inserzionano sulle scapole, che si trovano tra esso e la gabbia toracica.

L'infraspinato e il pettorale sono due muscoli pari tra di loro concorrenti: ciò significa che alla contrazione del primo corrisponde la distensione del secondo e viceversa. L'infraspinato si trova nella schiena, parzialmente nascosto alla vista dal trapezio, e si collega tramite i tendini sia con la scapola che con l'omero; il grande pettorale, al contrario, si trova sul torso, e si unisce con la clavicola, lo sterno e l'omero. Il ruolo di questi due muscoli è quello di far muovere rispettivamente il braccio in dietro e in avanti.

Il deltoide è il muscolo pari che ricopre l'articolazione del cingolo scapolare: si unisce dunque sia alla scapola che alla clavicola che all'omero. Come si può facilmente immaginare, esso è in grado di far compiere al braccio un'abduzione contraendosi e un'adduzione distendendosi. Il movimento di rotazione deriva invece dal moto coordinato di deltoide, infraspinato e grande pettorale.

Oltre i muscoli sopracitati, sono presenti anche i muscoli sopraspinato, sottoscapolare, piccolo rotondo e grande rotondo.

Il sopraspinato è un muscolo pari di forma piramidale, origina dalla fossa sopraspinata della scapola per inserirsi nel tubercolo maggiore dell'omero passando sotto l'acromion e l'articolazione acromioclavicolare. Permette movimenti di abduzione e rotazione esterna dell'omero. Innervazione: nervo soprascapolare.

Il sottoscapolare è un muscolo pari di forma triangolare, origina dalla faccia anteriore della scapola per inserirsi nel tubercolo minore dell'omero, passando sotto il processo coracoideo. Permette l'adduzione e rotazione interna dell'omero. Innervazione: nervi sottoscapolari.

Il piccolo rotondo è un muscolo pari di forma cilindrica che origina dalla fossa infraspinata della scapola per inserirsi nel tubercolo maggiore dell'omero. Permette movimenti di rotazione esterna, estensione e adduzione dell'omero. Innervazione: nervo ascellare.

Il grande rotondo è un muscolo pari riconoscibile inferiormente al piccolo rotondo; origina dall'angolo inferiore della scapola per inserirsi nel tubercolo minore e nel solco intertubercolare. Permette movimenti di adduzione, estensione e rotazione interna dell'omero. Innervazione: nervo toracodorsale

I tendini dei muscoli sopraspinato, infraspinato, sottoscapolare e piccolo rotondo contribuiscono alla stabilizzazione dell'articolazione glenomerale formando la cuffia dei rotatori.


 

Vascolarizzazione

Tra i vasi sanguigni passanti per la spalla ricordiamo soprattutto due nomi: la vena succlavia e l'arteria brachiale.

La vena succlavia è un vaso di primaria importanza, in quanto il suo ruolo consiste nel trasferire il sangue povero di ossigeno proveniente dal braccio direttamente nella vena cava superiore, attraverso la quale esso sarà pompato dal cuore e quindi riossigenato. Com'è molto facile capire dal suo nome [succlavia, dal latino sub-clavis, al di sotto della "chiave" (il cui diminutivo è clavicula)], essa passa più in basso rispetto alla clavicola.

Poiché parte dall'arco aortico e termina nella mano, l'arteria brachiale (dal latino brachium, braccio) attraversa necessariamente anche la spalla. Essa è l'unica arteria adibita all'ossigenazione dell'arto superiore, quindi la quantità di sangue che trasporta è sempre molto elevata.

Dato che per i vasi sanguigni la spalla non è un luogo periferico, in essa non abbondano i vasi capillari.


 

Drenaggio linfatico

Per quanto riguarda il sistema linfatico ricordiamo la presenza nella spalla dei linfonodi ascellari, tra i più importanti dell'intero organismo e in grado di produrre grandi quantità di vari tipi di globuli bianchi.


 

Malattie associate

  • Capsulite adesiva, la cosiddetta spalla congelata

 

Con testa, in anatomia, si indica la parte superiore del corpo di un animale, dove sono situati in genere gli occhi, la bocca, le orecchie, il naso e il cervello. Alcune forme di vita molto semplici possono non avere una testa.


 

Anatomia umana

La regione frontale della testa, dove si trovano gli occhi, il naso e la bocca, è chiamata viso. L'area al di sopra degli occhi è chiamata fronte (regione frontale della testa). Sottostante la bocca c'è il mento.

Esseri umani di età giovane e meno giovane hanno una continua crescita di capelli nella parte superiore della testa. Solitamente le donne, con l'avanzare dell'età, non perdono la loro capigliatura, al contrario degli uomini in cui ciò avviene con frequenza (v. Calvizie).

Nella maggior parte degli organismi animali complessi, la testa è unita al resto del corpo tramite il collo.

Le ossa presenti

Le ossa della testa sono divise nel cranio (tutte le ossa eccetto la mandibola) e la mandibola stessa. Una caratteristica che distingue i mammiferi dai non-mammiferi è la presenza di ulteriori tre ossa (dette ossicini):

  • martello
  • incudine
  • staffa

Tali ossicini sono, nei mammiferi, componenti fondamentali del senso dell'udito. Altre specie animali possiedono un singolo ossicino chiamato comunemente columella.

Il cranio può essere diviso in una calotta cranica, (o calvarium) e in una base cranica. Il cranium consiste in più ossa che si fondono insieme tramite giunture dette suture. Più suture si uniscono per formare uno pterion. Tale processo di fusione ossea inizia in utero per proteggere l'organo più importante del corpo, e cioè il cervello. Sebbene per la maggior parte il processo di fusione sia completo già prima della nascita, vi sono ampie aree di tessuto fibroso (dette fontanelle) dove la fusione è incompleta fino alla pubertà. La fontanella sulla parte frontale del capo nei neonati e nei bambini è particolarmente facile da identificare al tocco.

Il cranio adulto è diviso in diverse ossa, molte delle quali hanno l'equivalente sul lato destro e sinistro del cranio.

 

L'àlluce (anatomicamente definito primo dito del piede, ma chiamato colloquialmente anche ditone) è il primo dito del piede: omologo del pollice della mano e come esso costituito da due sole falangi.


 

Articolazione

L'articolazione tra le sue due falangi è un condilo, cioè le parti ossee sono ellissoidali; una delle due parti è concava, mentre l'altra è convessa. Tra queste due epifisi ossee, ricoperte di cartilagine, come tutte le articolazioni mobili, è interposto un dischetto fibroso, chiamato menisco. L'alluce, per mezzo dell'articolazione posseduta, può estendere e flettere le falangi; lo spostamento laterale è molto limitato. Come le altre condilartrosi, può "scricchiolare" e può infiammarsi il menisco. La falange prossimale s'articola con il primo osso metatarsale, è anch'essa ellissoidale, ma permette all'alluce l'adduzione, l'abduzione', la circomduzione, la flessione e l'estensione sul metatarso. Quest'articolazione è rinforzata con dei legami fibrosi longitudinali e trasversali che, rispettivamente, vanno ad attraversare la volta plantare e s'estendono dal primo al quinto metatarsale, foderando e proteggendo integralmente l'articolazione.


 

Muscolatura

Nell'alluce non sono presenti direttamente dei muscoli, se non quelli piliferi e sull'epifisi prossimale della prima falange; il suo movimento è dovuto ai tendini di alcuni muscoli che stanno nella regione metatarsale e tarsale o addirittura nella gamba. Sono:

  1. Flessore breve dell'alluce: dal lato inferiore del cuboide e dal lato mediale del 3° cuneiforme, le fibre si portano sulla prima falange e si uniscono all'abduttore dell'alluce. Questo muscolo ha il compito di flettere l'alluce.
  2. Abduttore dell'alluce: dal calcagno si porta alla base della prima falange. La sua contrazione, principalmente, abduce l'alluce, ma può anche generare una flessione.
  3. Adduttore dell'alluce: presenta due capi d'origine, distanti da loro, che lo "dividono" in due fasci muscolari:
      • Capo trasverso dell'adduttore dell'alluce: dall'articolazione metatarso-falange delle ultime tre dita, si porta sulla prima falange dell'alluce. Se si contrae adduce l'alluce, ma può anche generare una piccola flessione.
      • Capo obliquo dell'adduttore dell'alluce: dalla parte inferiore del cuboide e dalla base di 3° e 4° metatarsale, si porta alla base della prima falange dell'alluce. La contrazione di questo muscolo provoca un'adduzione minore rispetto all'altro capo, ma una flessione maggiore.

Inoltre, ci sono due tendini che portano all'alluce il movimento generato da due muscoli della gamba:

  1. Tendine del flessore lungo dell'alluce: dal piano profondo della gamba, a livello della parte posteriore del perone (chiamato anche fibula), questo tendine, passando dietro al malleolo e sotto gli altri muscoli del piede, giunnge all'articolazione interfalange, portando movimento all'alluce. È un flessore della seconda falange sulla prima.
  2. Tendine dell'estensore lungo dell'alluce: dalla fibula e dalla membrana interossea, passando sotto gli estensori, giunge alla prima ed alla seconda falange dell'alluce. È un estensore dell'alluce sul piede o estensore della seconda falange sulla prima. Però la sua azione può coadiuvare la rotazione interna e la flessione del piede.

 

Vascolarizzazione

L'alluce è vascolarizzato da 2 rami arteriosi e 2 rami venosi sul dorso ed altrettanti sulla pianta; più i vari capillari di scambio.

Sistema arterioso

Tutte le arterie derivano da ramificazioni successive d'una sola arteria: l'arteria tibiale.

Pianta

Dall'arteria plantare mediale (un ramo dell'arteria tibiale posteriore), si diparte un ramo che, arrivato a metà del primo osso metatarsale si biforca; uno va ad irrorare un lato dell'alluce, mentre l'altro ramo scorre dall'altro lato dell'alluce. A livello della base della prima falange, i due rami si uniscono. Inoltre, il ramo destro s'unisce con un ramo dell'arteria plantare laterale. Le due arterie laterali s'insinuano, con arteriole e capillari all'interno dei tessuti.

Dorso

Dall'arteria dorsale del piede, che proviene dall'arteria tibiale anteriore, partono (oltre alle piccole arteriole che irroraro il tarso) due ramificazioni. Quella di destra, poi, si biforca nuovamente: un ramo irrora la parte destra e l'altro la parte sinistra. Da queste due, le arterie s'insinuano, con arteriole e capillari, nei vari tessuti.

Sistema venoso

Nell'alluce il sistema venoso è particamente parallelo a quello arterioso, le uniche differenze sono che le vene sono più numerose delle arterie e che il sistema venoso profondo affianca quello arterioso profondo, mentre il sistema venoso superficiale sovrasta quello arterioso superficiale.


 

Innervazione

Gli ordini di contrazione muscolare dervivano dalle successive modificazione di 3 nervi: il nervo tibiale, il nervo fibulare profondo ed il nervo fibulare superficiale.

Dorso

Nel dorso dell'alluce, il nervo che scorre nella parte larterale, deriva dalla ramificazione laterale della ramificazione mediale (nervo cutaneo dorsale mediale) del nervo fibulare superficiale; mentre quello che scorre nella sua parte mediale deriva dalla ramificazione laterale del nervo fibulare profondo. I nervi dell'alluce, così come quelli delle altre dita, vengono genericamente chiamati nervi digitali dorsali del piede.

Pianta

Le ramificazioni che entrano nell'alluce sono derivate dal ramo mediale (chiamato nervo plantare mediale) del nervo tibiale. Questi nervi (nervi digitali plantari propri) scorrono nella parte mediale e laterale dell'alluce e s'infiltrano nei tessuti con piccolissime ramificazioni.


 

Patologie

Alluce valgo

Una delle patologie più comuni è l'alluce valgo.
La sempre maggiore diffusione delle strette scarpe da tennis, o in generale che non lasciano respirare il piede, ha portato ad una deformazione del primo e quinto dito del piede. Spinto verso l'interno, l'alluce tende ad accavallarsi con il secondo dito, e l'unghia si può deformare, perdendo quella che dovrebbe essere la sua forma naturale, cioè squadrata.

Hallux rigidus

L'Hallux rigidus (o alluce rigido) è una limitazione del movimento dell'alluce del piede.

Correzioni

Alcune patologie dell'alluce vengono corrette attraverso l'ortoplastia, che adopera materiali a memoria di forma opportunamente lavorati per correggere le deformazioni delle dita e delle unghie.

 

Il piede è la struttura anatomica situata all'estremità distale della gamba, alla quale è collegato dalla caviglia. Osservando e confrontando le caratteristiche generali del piede e della mano, entrambi dotati di cinque dita, si può rilevare una notevole somiglianza dovuta alla comune origine da strutture embrionali identiche successivamente specializzatesi.


 

Descrizione

Il piede rappresenta la porzione più distale dell'arto inferiore. In esso si distinguono la caviglia, che media la continuità con la gamba, il tallone, che costituisce l'estremità posteriore del piede, il metatarso, che costituisce la porzione anteriore del piede, e cinque dita del tutto simili a quelle della mano ma prive dell'abilità prensile a causa dei diversi rapporti che queste prendono con il metatarso. Il metatarso e le dita costituiscono l'avampiede.

Nella posizione ortostatica, il piede permette di distinguere una superficie inferiore detta pianta o superficie plantare del piede e una superficie superiore detta dorso del piede.

Nomenclatura delle dita del piede

Diversamente da quanto avviene per le dita della mano, le dita dei piedi non possiedono una nomenclatura comune documentata. Fa eccezione il solo alluce, omologo del pollice e più voluminoso tra le dita del piede, per il cui nome esiste un uso diffuso e documentato sia nella letteratura sia nella lingua parlata e che trova origine nel latino hallux. In ambito scientifico e più prettamente anatomico, laddove si ha la necessità di una nomenclatura, si è soliti invece numerare le dita del piede, assegnando loro un nome legato alla posizione. Si ha così che in senso medio-laterale, ossia dal dito più vicino all'asse del corpo verso quello situato più lateralmente, le dita del piede sono dette primo dito, secondo dito, terzo dito, quarto dito e quinto dito.

Tipi di piede

Sulla base del rapporto di lunghezza che intercorre tra l'alluce e il secondo dito, è invalso l'uso di distinguere tre tipi di piede:

  • piede egizio, nel quale l'alluce supera in lunghezza il secondo dito,
  • piede greco, nel quale il secondo dito supera in lunghezza l'alluce,
  • piede romano, nel quale alluce e secondo dito hanno pari lunghezza.

È possibile che queste definizioni derivino dai canoni artistici delle tre culture del passato cui si riferiscono, soprattutto in relazione alle pitture o sculture che li testimoniano.


 

Scheletro del piede

Lo scheletro del piede è costituito dall'articolazione di 26 ossa (28 se si comprendono le ossa sesamoidi costanti del piede). Tale numero può tuttavia variare da persona a persona per la presenza di uno o più sesamoidi incostanti o di alcune ossa dette ossa accessorie del piede. Lo scheletro del piede può inoltre essere suddiviso, analogamente a quanto avviene per lo scheletro della mano, in tre gruppi di ossa con caratteristiche simili. Tali gruppi sono il tarso, il metatarso e le falangi.

  • Il tarso, che contribuisce a formare lo scheletro della caviglia e del tallone, presenta alcune omologie con il carpo della mano, essendo costituito da sette ossa che occupano tutte la metà prossimale del piede. Nel tarso si distinguono due file di ossa, delle quali una, detta fila prossimale o fila posteriore del tarso, è formata dal talo e dal calcagno, e l'altra, detta fila distale o fila anteriore, è formata, procedendo in senso medio-laterale lungo un piano coronale, dalle tre ossa cuneiformi, dall'osso navicolare (osso scafoide del piede) e dall'osso cuboide. Tutte le ossa del tarso sono ossa brevi che presentano un asse maggiore rivolto in senso antero-posteriore. Fa eccezione solo l'osso navicolare il cui asse maggiore è rivolto in senso medio-laterale.
  • Il metatarso, che contribuisce a formare la metà anteriore del piede, è costituito da 5 ossa dette ossa metatarsali che fungono da tramite tra il tarso e le falangi che compongono lo scheletro delle dita del piede. Le ossa metatarsali sono ossa lunghe nelle quali si distinguono due epifisi, delle quali una prossimale e una distale, e una diafisi. Le diafisi delle ossa metatarsali si presentano curve con convessità rivolta verso il dorso del piede e concavità rivolta verso la pianta del piede, contribuendo così, assieme alle ossa del tarso, alla formazione della volta plantare del piede.
  • Le due ossa sesamoidi costanti del piede, distinte in mediale e laterale, comprese nei tendini del muscolo flessore breve dell'alluce.
  • Le falangi del piede sono infine 14 piccole ossa lunghe che contribuiscono, analogamente alle falangi della mano, le dita del piede. Fatta eccezione per l'alluce, che come il pollice è formato da due sole falangi, tutte le dita del piede sono formate da tre falangi. Tuttavia raramente è possibile osservare individui nei quali anche il quinto dito del piede possiede solo due falangi. Rispetto alla mano le falangi del piede sono molto più brevi, schiacciate in senso latero-laterale, convesse dorsalmente e concave plantarmente. Caratteristica delle falangi intermedie del piede è quella di avere un'epifisi distale costituita da una troclea, che si articola con l'epifisi prossimale delle falangi distali.

Ossa accessorie del piede

Le ossa accessorie del piede sono ossa collocate in varie aree del piede e osservabili in un ristretto numero di individui della popolazione umana. Queste ossa sono solitamente il risultato dell'insorgenza di centri di ossificazione multipli che suddividono il primitivo abbozzo cartilagineo di un osso in più ossa. Le più comuni ossa accessorie del piede sono:

  • Le ossa intermetatarsali (lat. os intermetatarsale), di forma triangolare o allungata, si collocano sulla superficie dorsale del piede tra le basi di due ossa metatarsali adiacenti. Si possono ritrovare fino a quattro ossa intermetatarsali denominate in senso medio-laterale primo, secondo, terzo e quarto osso intermetatarsale. Le ossa intermetatarsali partecipano all'articolazione tarso-metatarsale del Lisfranc.
  • Le ossa intercuneiformi (lat. os intercuneiforme), di forma triangolare e di lunghezza superiore a 1 cm, si collocano sulla superficie dorsale del piede tra due ossa cuneiformi adiacenti. Si possono ritrovare fino a due ossa intercuneiformi denominate in senso medio-laterale primo e secondo osso cuneiforme. Le ossa intercuneiformi partecipano all'articolazione cuneo-navicolare.
  • Le ossa talo-navicolari (lat. os talonaviculare), di forma variabile, si collocano tra la superficie posteriore all'osso navicolare e la testa del talo. Si possono ritrovare fino a due ossa intercuneiformi delle quali una superiore, detta osso talo-navicolare dorsale, e una inferiore, detta osso talo-navicolare plantare. Le ossa talo-navicolari partecipano all'articolazione mediotarsale dello Chopart.
  • L'osso triangolare (lat. os trigonum), dalla forma a goccia e di lunghezza anche superiore ai 20mm, si colloca posteriormente nel piede prendendo rapporto con la superficie superiore del calcagno e la superficie posteriore del talo. Corrisponde ai tubercoli posteriori del talo e partecipa all'articolazione astragalo-calcaneare.
  • L'osso del sustentacolo (lat. os sustentaculi), di forma quadrangolare e allungata, è poco più piccolo dell'os trigonum. Si colloca sulla superficie mediale del calcagno posteriormente al sustentaculum tali.
  • L'osso tibiale esterno (lat. os tibiale externum), di forma variabile, si colloca sulla superficie supero-mediale del talo, posteriormente all'osso scafoide del tarso. Le sue dimensioni sono simili a quelle dell'osso del sustentacolo.
  • L'osso calcagno secondario (lat. os calcaneus secundarius), di forma e dimensioni paragonabili a quelle dell'osso triangolare, si colloca lateralmente alla tasta del talo sulla superficie superiore del calcagno e del cuboide. La sua punta, rivolta anteriormante, talvolta raggiunge l'osso navicolare. L'osso calcagno secondario partecipa all'articolazione mediotarsale dello Chopart.
  • L'osso vesaliano del piede (lat. os vesalianum pedis), di forma tondeggiante, deve il suo nome ad Andrea Vesalio. L'osso vesaliano del piede si colloca sulla superficie infero-laterale del piede tra il cuboide e il quinto osso metatarsale, partecipando all'articolazione tarso-metatarsale del Lisfranc.
  • La pars peronea metatarsalis, è un osso accessorio che può raggiungere i 25 mm di lunghezza e si colloca sulla superficie plantare del piede con il suo asse maggiore posto trasversalmente tra il primo osso cuneiforme e il primo osso metatarsale. Partecipa all'articolazione tarso-metatarsale del Lisfranc.
  • L'osso cuboide secondario (lat. os cuboides secondarius) è il più voluminoso tra le ossa accessorie. Di forma ovale, può raggiungere i 30 mm di lunghezza ed è posto centralmente sulla superficie plantare del piede tra l'osso navicolare, il cuboide e il calcagno.

 

Patologie del piede

  • Podalgia
  • Piede piatto
  • Piede cavo
  • Alluce valgo
  • Piede torto congenito
  • Polidattilia

 

 

Nell'anatomia umana, la caviglia è la regione di raccordo fra gamba e piede, nell'ambito dell'arto inferiore, e comprendente l'articolazione tibio-tarsica o talo-crurale, (di tipo a troclea o ginglimo) tra le estremità distali di tibia e fibula (o perone) e dell'astragalo (o talo) del piede (articolazione talocrurale).

L'articolazione tra tibia ed astragalo sopporta un peso maggiore rispetto all'articolazione tra quest'ultimo e la fibula


 

Movimenti

L'articolazione della caviglia è responsabile dell'estensione dorsale o flessione plantare, come quando si sta in piedi sulle punte, e della flessione dorsale o estensione plantare del piede, come quando si sta in piedi soltanto sui talloni. La caviglia non permette la rotazione, ma soltanto movimenti di flessione ed estensione.

Nella flessione plantare, i legamenti anteriori dell'articolazione diventano più lunghi, mentre quelli posteriori si accorciano. L'inverso accade nell'estensione plantare. Lungo l'asse longitudinale del piede sono anche possibili i movimenti di pronazione e supinazione.


 

Articolazione

Il malleolo laterale della fibula e il malleolo mediale della tibia, assieme alla superficie caudale della tibia, si articolano con le tre faccette dell'astragalo. Queste superfici sono ricoperte da cartilagine. La parte anteriore dell'astragalo è più larga di quella posteriore. Quando il piede è flesso sul dorso, la parte più estesa dell'astragalo va ad articolarsi con le superfici corrispondenti di tibia e perone, creando una giuntura più stabile rispetto a quella che si crea nella flessione plantare.


 

Legamenti

L'articolazione talocrurale è rinforzata dal legamento deltoideo (o mediale) di forma triangolare, e da tre legamenti laterali: il legamento peroneo-astragalico anteriore, il legamento tibioastragaleo posteriore e il legamento tibiocalcaneale.

Il legamento deltoideo sostiene il lato mediale dell'articolazione, ha inserzione sul malleolo mediale della tibia e si collega in quattro punti : sul calcagno,sul legamento calcaneonavicolare plantare, sulla tuberosità navicolare e sulla superficie mediale dell'astragalo.

Il legamento deltoideo è composto da:

  • il legamento tibionavicolare (posto anteriormente) si inserisce sullo scafoide;
  • il legamento tibiotalare anteriore
  • il legamento tibiocalcaneale
  • il legamento tibiotalare posteriore

Il legamento collaterale laterale dell'articolazione della caviglia è composto da

  • il legamento tibioastragaleo anteriore (posto anteriormente) si inserisce sul collo dell'astragalo;
  • il legamento tibiocalcaneale (posto medialmente) si inserisce sul sustentaculum tali del calcagno;
  • il legamento tibioastragaleo posteriore si inserisce sulla faccia mediale dell'astragalo.

I legamenti ventrali e tibioastragalei anteriore e posteriore rinforzano la parte laterale dell'articolazione talocrurale, dal malleolo laterale della fibula alle estremità orsale dell'astragalo Il legamento tibiocalcaneale origina dal malleolo laterale e si inserisce sulla superficie laterale del calcagno.

Sebbene non copra l'articolazione della caviglia stessa, il legamento sindesmotico fornisce un importante contributo alla stabilità della caviglia. Questo legamento abbraccia la sindesmosi, cioè l'articolazione tra l'aspetto mediale del perone distale e l'aspetto laterale della tibia distale. Una lesione isolata a questo legamento è spesso chiamata distorsione alla caviglia alta.

L'architettura ossea dell'articolazione della caviglia è più stabile nella dorsiflessione. Pertanto, è più probabile che si verifichi una distorsione alla caviglia quando la caviglia è flessa plantare, poiché il supporto legamentoso è più importante in questa posizione. La distorsione alla caviglia classica coinvolge il legamento peroneo-astragalico anteriore (ATFL), è anche il legamento più comunemente lesionato durante le distorsioni da inversione. Un altro legamento che può essere lesionato in una distorsione alla caviglia grave è il legamento tibiocalcaneale .


 

Origine del nome

Il termine caviglia deriva dalla parola tardo-latina cavìcla (cavicchia), che indicava un grosso chiodo, evolutasi poi nel provenzale cavilha (molto simile al termine italiano attuale).

 

La gamba è una regione anatomica del corpo umano che costituisce un segmento dell'arto inferiore, rappresentando la porzione compresa fra il ginocchio e la caviglia.

Nel linguaggio comune il termine è utilizzato come metonimia per indicare ciascun arto inferiore umano nella sua interezza e gli arti degli altri animali.


 

Strutture ossee

L'osso più voluminoso e importante della gamba è la tibia, situato in posizione mediale. La sua faccia antero-mediale non dà inserzioni a legamenti o muscoli, per cui è facilmente palpabile: si tratta del cosiddetto stinco. La tibia è anche facilmente reperibile a livello della sua epifisi prossimale, impegnata nell'articolazione del ginocchio, in cui accoglie i condili del femore, ma anche nella regione della caviglia, specialmente per quanto riguarda il malleolo mediale.

La fibula è il secondo osso della gamba: più sottile e corta, non partecipa all'articolazione del ginocchio, ma solo a quella della caviglia, dove la sua epifisi distale, il malleolo laterale, sporge visibilmente.

Le due ossa presentano due articolazioni tibio-fibulari: una prossimale, diartrosi (artrodia), e una distale, sinartrosi (sindesmosi). In mezzo sono unite da una robusta membrana interossea tesa fra margine laterale della tibia e margine mediale della fibula. Analogamente se ne trova una nell'avambraccio, per quanto alle ossa crurali non siano consentiti movimenti di prono-supinazione.


 

Strutture muscolari

Le strutture muscolari sono racchiuse nella fascia crurale, continuazione distale della fascia lata. Nei pressi della caviglia compaiono i retinacoli che, assicurando i tendini in profondità, ottimizzano la funzione della muscolatura crurale, in quanto la quasi totalità di questa è riferita al piede nella sua azione contrattile (muscolatura estrinseca del piede). A muovere la gamba, infatti, è principalmente la muscolatura della coscia: l'unica eccezione è rappresentata dal muscolo popliteo, intrarotatore della gamba flessa, posto nella loggia posteriore profonda, anche se spesso lo si considera appartenente alla regione anatomica del ginocchio.

La muscolatura della gamba è divisa in tre logge dai setti intermuscolari continui alla fascia crurale, nonché dalla membrana interossea che partecipa alla sindesmosi fra tibia e fibula.

  • Loggia anteriore, che contiene quattro muscoli attivi nell'estensione delle dita e nella flessione (dorsale) del piede;
  • Loggia laterale o dei peronei, deboli estensori specializzati piuttosto nel movimento di eversione o pronazione del piede stesso;
  • Loggia posteriore, la più voluminosa ed evidente, la cui zona superficiale costituisce il cosiddetto polpaccio. Il tricipite della sura è il muscolo più rappresentativo di quest'area, un forte e evidente estensore del piede diviso in tre capi: i due gemelli, più esterni, ed il soleo, capo più interno e profondo. Un setto trasversale profondo separa questa zona da un insieme di muscoli più profondi, attivi nella flessione delle dita, più che nell'estensione (o flessione plantare) a livello della caviglia.

 

La rotula o patella è un osso sesamoide inserito nel tendine del muscolo quadricipite della coscia.


 

Anatomia

Tale tendine si inserisce sulla tuberosità quadricipitale (anteriore) della tibia.

In quanto osso sesamoide, migliora l'efficacia muscolare. È l'unico sesamoide di dimensioni ragguardevoli e costante nella specie umana.

Posteriormente alla rotula vi è l'articolazione femoro-tibiale racchiusa all'interno della propria capsula articolare. La parte flessoria del ginocchio è detta poplite, o cavo popliteo.
In rari casi è possibile la presenza, nel cavo popliteo, di un sesamoide detto fabella.

La rotula poggia su un cuscinetto adiposo detto corpo di Hoffa che le permette di scorrere sulle strutture posteriori. È collegata inoltre all'articolazione del ginocchio mediante i legamenti alari, che, medialmente si raggiungono, attraverso la capsula, il menisco mediale, mentre lateralmente si fonde alla fascia lata.

La borsa sinoviale si spinge sotto e a lato della patella: nell'incisura intercondiloidea del femore forma la piega infrapatellare e ai lati del corpo adiposo di Hoffa le pieghe alari.

 

Il femore è un osso dell'arto inferiore, situato nella coscia, che costituisce anche parte dell'anca e del ginocchio. È l'osso più lungo, voluminoso e resistente dello scheletro.

La parola femore deriva dal latino femur (coscia). Nel latino medico, il suo genitivo è sempre femoris, ma nel latino classico è spesso feminis, che potrebbe essere confuso con forme della parola femina.

Il femore è formato da un corpo (diafisi) e due estremità (epifisi), delle quali quella prossimale si articola con l'osso dell'anca formando l'articolazione coxofemorale, mentre quella distale si articola con la rotula e la tibia, formando l'articolazione del ginocchio. L'osso del femore è sede di inserzione per molti muscoli della coscia e della gamba.


 

Epifisi prossimale

L'epifisi prossimale del femore è caratterizzata dalla grossa testa del femore, a forma sferica (2/3) e rivestita quasi interamente da cartilagine articolare, tranne che nella fossetta, dove prende inserzione il legamento rotondo del femore, che serve a mantenere in posizione l'articolazione coxofemorale. La testa poggia sul collo anatomico del femore. In posizione latero-inferiore e latero-superiore rispetto all'inizio del collo si trovano rispettivamente il piccolo trocantere e il grande trocantere, sporgenze ossee sulle quali prendono inserzione dei muscoli (come l'ileo-psoas).


 

Diafisi

La diafisi, o corpo del femore, risulta caratterizzata da tre facce: una faccia anteriore, una postero-mediale e una postero-laterale. Le due facce posteriori sono divise da una linea sporgente, la linea aspra. Questa, in corrispondenza della metafisi prossimale si biforca, dando origine alla tuberosità glutea (vi si inserisce il muscolo grande gluteo) e alla linea pettinea (vi si inserisce il muscolo pettineo). La biforcazione in prossimità della metafisi distale dà origine ad una regione depressa, chiamata faccia poplitea. In prossimità di questa faccia scorrono i vasi poplitei, che hanno la caratteristica di avere le arterie più superficiali rispetto alle vene.


 

Epifisi distale

L'epifisi distale del femore presenta, posteriormente, due grosse superfici ossee convesse, i condili femorali (uno mediale, l'altro laterale). I condili, rivestiti di cartilagine articolare, fanno parte della complessa articolazione del ginocchio. Tra i due condili vi è uno spazio, la fossa intercondiloidea. Anteriormente, i due condili convergono nel formare la superficie patellare, per l'articolazione con la patella. Sui condili prendono inserzione i due legamenti crociati (anteriore e posteriore), e due menischi (mediale e laterale), in quanto non vi è perfetta corrispondenza tra i condili del femore e le superfici condiloidee della tibia. I menischi si dispongono a contornare i due condili, mentre i legamenti crociati si incrociano all'interno dello spazio intercondiloideo.


 

Fratture

La regione più soggetta alle fratture è quella del collo del femore, soprattutto a motivo del peso corporeo a cui viene sottoposta. Questo problema si acuisce in particolare nell'età avanzata, a causa della diminuzione della quantità del tessuto osseo e della sua composizione chimica (osteoporosi). Il punto più delicato, in questi frangenti, è proprio il collo del femore (o collo chirurgico, in prossimità del "triangolo di Ward"), le cui fratture aumentano notevolmente negli individui al di sopra dei 70 anni di età e possono essere causate anche da lievissimi traumi, come una semplice caduta. Tra i segni che possono far sospettare una frattura del collo del femore, i più importanti sono il dolore, la disfunzionalità, l'extrarotazione dell'arto (ruotato verso l'esterno) ed il suo accorciamento in confronto all'arto opposto.

Le fratture del femore, in alcune situazioni, esitano in disabilità permanente, in quanto i muscoli della coscia tendono a dislocare i frammenti ossei e questi possono consolidare in posizione errata causando, quindi, la disabilità. Per evitare questo problema, il paziente soggetto a frattura del femore, dovrà essere messo "in trazione", in modo che i frammenti rimangano allineati nella giusta posizione. Con le moderne procedure mediche, quali l'inserzione chirurgica di tiranti o viti, i traumi da frattura femorale possono essere recuperati completamente, anche se occorrono dai 3 ai 6 mesi affinché l'osso si rimargini del tutto. Generalmente la coscia non viene ingessata, in quanto bastano i fissaggi chirurgici per raddrizzare l'osso e mantenere rigida la frattura mentre si rimargina. Questa procedura può comportare alcuni effetti collaterali, che possono causare il rischio di sepsi intra-articolare, artrite e rigidezza del ginocchio.

Le fratture più rare del femore riguardano i trocanteri, i quali possono distaccarsi per un eccessivo sforzo muscolare o sempre in seguito ad una traumatologia.

 

 

Il femore è un osso dell'arto inferiore, situato nella coscia, che costituisce anche parte dell'anca e del ginocchio. È l'osso più lungo, voluminoso e resistente dello scheletro.

La parola femore deriva dal latino femur (coscia). Nel latino medico, il suo genitivo è sempre femoris, ma nel latino classico è spesso feminis, che potrebbe essere confuso con forme della parola femina.

Il femore è formato da un corpo (diafisi) e due estremità (epifisi), delle quali quella prossimale si articola con l'osso dell'anca formando l'articolazione coxofemorale, mentre quella distale si articola con la rotula e la tibia, formando l'articolazione del ginocchio. L'osso del femore è sede di inserzione per molti muscoli della coscia e della gamba.


 

Epifisi prossimale

L'epifisi prossimale del femore è caratterizzata dalla grossa testa del femore, a forma sferica (2/3) e rivestita quasi interamente da cartilagine articolare, tranne che nella fossetta, dove prende inserzione il legamento rotondo del femore, che serve a mantenere in posizione l'articolazione coxofemorale. La testa poggia sul collo anatomico del femore. In posizione latero-inferiore e latero-superiore rispetto all'inizio del collo si trovano rispettivamente il piccolo trocantere e il grande trocantere, sporgenze ossee sulle quali prendono inserzione dei muscoli (come l'ileo-psoas).


 

Diafisi

La diafisi, o corpo del femore, risulta caratterizzata da tre facce: una faccia anteriore, una postero-mediale e una postero-laterale. Le due facce posteriori sono divise da una linea sporgente, la linea aspra. Questa, in corrispondenza della metafisi prossimale si biforca, dando origine alla tuberosità glutea (vi si inserisce il muscolo grande gluteo) e alla linea pettinea (vi si inserisce il muscolo pettineo). La biforcazione in prossimità della metafisi distale dà origine ad una regione depressa, chiamata faccia poplitea. In prossimità di questa faccia scorrono i vasi poplitei, che hanno la caratteristica di avere le arterie più superficiali rispetto alle vene.


 

Epifisi distale

L'epifisi distale del femore presenta, posteriormente, due grosse superfici ossee convesse, i condili femorali (uno mediale, l'altro laterale). I condili, rivestiti di cartilagine articolare, fanno parte della complessa articolazione del ginocchio. Tra i due condili vi è uno spazio, la fossa intercondiloidea. Anteriormente, i due condili convergono nel formare la superficie patellare, per l'articolazione con la patella. Sui condili prendono inserzione i due legamenti crociati (anteriore e posteriore), e due menischi (mediale e laterale), in quanto non vi è perfetta corrispondenza tra i condili del femore e le superfici condiloidee della tibia. I menischi si dispongono a contornare i due condili, mentre i legamenti crociati si incrociano all'interno dello spazio intercondiloideo.


 

Fratture

La regione più soggetta alle fratture è quella del collo del femore, soprattutto a motivo del peso corporeo a cui viene sottoposta. Questo problema si acuisce in particolare nell'età avanzata, a causa della diminuzione della quantità del tessuto osseo e della sua composizione chimica (osteoporosi). Il punto più delicato, in questi frangenti, è proprio il collo del femore (o collo chirurgico, in prossimità del "triangolo di Ward"), le cui fratture aumentano notevolmente negli individui al di sopra dei 70 anni di età e possono essere causate anche da lievissimi traumi, come una semplice caduta. Tra i segni che possono far sospettare una frattura del collo del femore, i più importanti sono il dolore, la disfunzionalità, l'extrarotazione dell'arto (ruotato verso l'esterno) ed il suo accorciamento in confronto all'arto opposto.

Le fratture del femore, in alcune situazioni, esitano in disabilità permanente, in quanto i muscoli della coscia tendono a dislocare i frammenti ossei e questi possono consolidare in posizione errata causando, quindi, la disabilità. Per evitare questo problema, il paziente soggetto a frattura del femore, dovrà essere messo "in trazione", in modo che i frammenti rimangano allineati nella giusta posizione. Con le moderne procedure mediche, quali l'inserzione chirurgica di tiranti o viti, i traumi da frattura femorale possono essere recuperati completamente, anche se occorrono dai 3 ai 6 mesi affinché l'osso si rimargini del tutto. Generalmente la coscia non viene ingessata, in quanto bastano i fissaggi chirurgici per raddrizzare l'osso e mantenere rigida la frattura mentre si rimargina. Questa procedura può comportare alcuni effetti collaterali, che possono causare il rischio di sepsi intra-articolare, artrite e rigidezza del ginocchio.

Le fratture più rare del femore riguardano i trocanteri, i quali possono distaccarsi per un eccessivo sforzo muscolare o sempre in seguito ad una traumatologia.

 

 

Le dita  sono le estremità articolari delle mani e dei piedi dell'essere umano o degli animali. La presenza delle dita caratterizza la classe dei tetrapodi.


 

Dita umane

Il dito è composto da falangi, generalmente tre, salvo il pollice e l'alluce che ne hanno due.

Le dita terminano con l'unghia dalla parte del dorso, mentre il polpastrello è la parte superiore di ogni dito dalla parte del palmo.

Le dita della mano nell'essere umano sono, nell'ordine:

  • il pollice, il cui nome che deriva dal latino pollex, pollicis.
  • l'indice, il cui nome è legato alla funzione gestuale di indicare gli oggetti.
  • il medio, il cui nome è legato alla sua posizione, trovandosi nel mezzo delle altre dita della mano.
  • l'anulare, il cui nome è legato alla tradizione occidentale di recarvi la fede nuziale.
  • il mignolo, il cui nome è legato alle sue dimensioni essendo il più piccolo (minimo) tra le dita della mano.

Diversamente da quanto avviene per le dita della mano, le dita dei piedi non possiedono una nomenclatura comune documentata. Fa eccezione il solo alluce, omologo del pollice e più voluminoso tra le dita del piede, per il cui nome esiste un uso diffuso e documentato sia nella letteratura che nella lingua parlata e che trova origine dal latino hallux, hallucis. In ambito scientifico e più prettamente anatomico, laddove si ha la necessità di una nomenclatura, si è soliti invece numerare le dita del piede, assegnandole così un nome legato alla loro posizione. Si ha così che dal dito più vicino all'asse del corpo (l'alluce) verso quello situato più lateralmente, le dita del piede sono dette primo dito, secondo dito, terzo dito, quarto dito e quinto dito. In ambito medico è inoltre diffusa, sulla scia dell'uso anglosassone, la consuetudine di chiamare il terzo dito dito medio del piede ed il quinto dito mignolo del piede.


 

Biologia

La formazione delle dita, nello sviluppo del feto, segue l'ordine: anulare, mignolo, medio, indice e, infine, pollice.


 

Simbologia

Le dita vengono utilizzate per contare: il pollice esteso con la mano a pugno chiuso indica l'uno, il pollice e l'indice estesi indicano il due e così via. In alcune culture l'indice è il primo dito usato durante un conteggio.

Incrociare le dita (di solito l'indice e il medio: medio sopra, indice sotto) è un gesto scaramantico per attirare la fortuna.

L'anello nuziale viene portato ancora oggi sul quarto dito della mano sinistra, detto per tale motivo anulare, in quanto secondo un'antica credenza esso era collegato direttamente al cuore da una piccola arteria.


 

Gestualità

La gestualità delle dita e delle mani costituisce un vero e proprio linguaggio, che affianca quello verbale e che in alcune culture (ad es. quelle latine) appare molto spiccato. Alcuni gesti si ritrovano universalmente, ma più spesso il significato ha un'origine culturale specifica.

Una punizione tradizionale che si ritrova pressoché in tutte le regioni del mondo (Europa, Asia, Africa) consiste nel colpire le dita: il pollice, l'indice e il medio, oppure tutte le dita, devono essere mantenuti estesi e uniti per ricevere i colpi vibrati con una riga, una bacchetta di legno o un bambù. Questo tipo di punizione era utilizzata in particolare in Francia dagli istitutori nella prima metà del XX secolo.

 

Il palmo, in anatomia, è la parte anteriore o volare della mano, nella quale sono ben visibili le pliche cutanee e, in alcuni casi, le vene.
Il palmo, insieme al dorso della mano, ha la principale funzione di sorreggere le dita.

La parte anatomica corrispondente del piede è detta pianta del piede o superficie plantare del piede.

 

Il pollice è un dito della mano, il più laterale, detto anche primo dito. Il pollice distingue i primati dagli altri animali, poiché solo in questi è opponibile.


 

Anatomia

Esso è ruotato di 90° sull'asse coronale rispetto alle altre dita, ed è fornito soltanto di due falangi, chiamate falange prossimale e falange distale o ungueale, che sono ossa lunghe. Manca, rispetto alle altre dita, della falange intermedia. Nonostante questo, è per la diversa lunghezza delle ossa generalmente il dito più lungo nella mano.

La falange prossimale è articolata col primo metacarpo e questi con l'osso trapezio. Articolati con la testa, cioè la parte più distale, del metacarpo, vi sono due sesamoidi.

Come le altre dita, il pollice non possiede muscoli, ma i tendini di ventri muscolari che si trovano nell'avambraccio e nella mano. Tali tendini scorrono, con particolare riferimento ai flessori, in pulegge, anulari e crociate.

La muscolatura è costituita da ventri situati nell'avambraccio, regione estensoria (muscoli innervati dal nervo radiale):

  • muscolo estensore lungo del pollice;
  • muscolo abduttore lungo del pollice;
  • muscolo estensore breve del pollice;

e regione flessoria:

  • muscolo flessore lungo del pollice, innervato dal nervo mediano;

da ventri situati nella mano, regione dorsale:

  • primo muscolo interosseo dorsale, che in realtà condiziona i movimenti del primo metacarpo e della seconda falange prossimale, innervato dal nervo ulnare;

a sede palmare quelli che costituiscono l'eminenza tenar, che in realtà hanno origine dal polso, in ordine dal superficiale al più profondo:

  • muscolo abduttore breve del pollice (nervo mediano);
  • muscolo flessore breve del pollice, capo superficiale (nervo ulnare);
  • muscolo opponente del pollice (nervo mediano);
  • muscolo flessore breve del pollice, capo profondo (nervo ulnare).

Vi è quindi l'adduttore del pollice (nervo ulnare), coi suoi due capi, trasverso (ad origine metacarpale) e obliquo (ad origine carpo-metacarpale).

La sensibilità del pollice è di pertinenza dei nervi radiale e mediano.


 

Patologia

Sindromi

Esistono alcune sindromi da compressioni nervose tipiche di particolari mestieri o giochi svolti per via del continuo movimento anomalo del pollice, dove il ramo del nervo ulnare e radiale vengono eccessivamente sollecitati:

  • Pollice del giocatore di bowling.
  • Pollice del suonatore d'arpa,

I segni e i sintomi di tali sindromi sono intorpidimento, parestesie e cambiamento della sensibilità del dito (può venire aumentata o diminuita).

Malformazioni

Esistono alcune rare malformazioni congenite, l'aplasia (assenza) di uno o di entrambi pollici oppure il pollice può presentare 3 falangi, e in tal caso può anche non essere opponibile. Fra le più comuni malformazioni invece vi è la duplicazione, una doppia presenza, del pollice.

Fratture

Per quanto riguarda il pollice la parte più soggetta a fratture è il metacarpo, dove si osservano le lesioni di Rolando (che si ravvisa più comunemente quando la frattura interessa anche il tendine dell'abduttore lungo del pollice, comportando una visione a "Y") o di Bennett.

Esami

Nell'esame obiettivo si valuta la mobilità del pollice (flesso-estensione, abduzione-adduzione, opposizione, ritenuta la più importante). Per valutare la forza del muscolo adduttore si utilizza il segno di Froment.


 

Pollice opponibile

Il pollice umano (come quello di molti primati, e di pochi altri animali) ha una caratteristica particolare: esso, infatti, ha un maggior grado di libertà nei movimenti, essendo ruotato di 90° rispetto alle altre dita. Questa particolarità consente alle specie che ne sono dotate di afferrare gli oggetti con gli arti con molta più libertà e facilità rispetto a chi non ne è provvisto, che si trova molto più in difficoltà, spesso addirittura impossibilitato, a compiere questi gesti.

Animali con un pollice opponibile

Molti animali hanno in qualche misura un pollice o altro dito opponibile. Si dice che una specie animale sia dotata di pollice opponibile quando il pollice è in grado di piegarsi in maniera tale da riuscire a toccare tutte le altre dita della mano.

Primati

  • I Primati ricadono in uno di questi quattro gruppi:
    • Pollice non opponibile: Tarsius e Callithrix
    • Pollice pseudo-opponibile: tutti gli Strepsirrhini e i Cebidae
    • Pollice opponibile: Cercopithecidae e tutti gli Hominidae
    • Pollice opponibile con pollici ugualmente lunghi: Hylobatidae (o scimmie minori)
Altri mammiferi
  • Il panda gigante possiede un osso sesamoide molto lungo che sebbene non sia veramente un dito, funziona come un pollice opponibile.
  • Lophiomys, un genere di roditori africani cui appartiene un'unica specie esistente (Lophiomys imhausi) e molte specie estinte.
Marsupiali
  • La maggior parte dei marsupiali Phalangeridae possiede un pollice opponibile su ogni piede e due dita opponibili su ogni mano.
  • Koala, simile ai falangeridi ma in ordine differente.
  • Opossum, pollice opponibile sulla zampa posteriore.
Rettili
  • Camaleonti, hanno non solo il pollice ma anche il secondo ed il terzo dito della mano opponibili alle altre due (nonché le prime due dita del piede opponibili alle altre tre)
Anfibi
  • Phyllomedusa, un genere di rane originario del Sud America.
Dinosauri
  • Iguanodon, un dinosauro con un aculeo sul pollice.
  • Troodon, un dinosauro con pollice parzialmente opponibile.
  • Bambiraptor, un piccolo dinosauro predatore: poteva toccare le due dita più esterne delle sue tre.

 

Locuzioni

  • Avere il pollice verde: essere esperto di botanica
  • Fare pollice verso: essere contrario, condannare
  • Usare il pollice di ferro

 

Il carpo è la parte dello scheletro dell'arto superiore che congiunge il radio con il metacarpo. È compreso nella regione del polso. Esso risulta composto da otto ossa brevi disposte su due file, delle quali una prossimale ed una distale.

  • Compongono la fila prossimale in senso lateromediale:
    • (A) l'osso scafoide o navicolare;
    • (B) l'osso semilunare;
    • (C) l'osso piramidale;
    • (D) il pisiforme.
  • Compongono la fila distale in senso lateromediale:
    • (E) l'osso trapezio;
    • (F) il trapezoide;
    • (G) il capitato;
    • (H) l'uncinato.

 

Doccia carpale

Articolandosi tra loro, le ossa del carpo costituiscono sul lato palmare la doccia o tunnel carpale.

La doccia carpale è uno spazio del polso, posto volarmente, attraverso il quale scorrono i tendini dei muscoli flessore superficiale delle dita, flessore profondo delle dita e flessore lungo del pollice. Tale doccia è delimitata lateralmente e medialmente da quattro rilievi tubercolari:

  • Lateralmente:
    • il tubercolo dello scafoide, che sporge dalla superficie palmare dello scafoide;
    • il tubercolo del trapezio, che sporge dalla superficie palmare del trapezio.
  • Medialmente:
    • l'osso pisiforme, che sporge dalla superficie palmare dell'osso piramidale, col quale si articola;
    • l'uncino, che sporge dalla superficie palmare dell'osso uncinato.

Il legamento trasverso del carpo, tendendosi sull'apice dei quattro rilievi, trasforma la doccia carpale in un canale osteo-fibroso detto tunnel carpale.


 

Etimologia

La parola karpós deriva dalla lingua protoindoeuropea nella sua radice radice kerp-. Direttamente dal greco καρπός derivano:

  • il prefisso "carpo-" - che significa frutta, ad esempio in "carpofaga".
  • i suffissi "-carp" e "-carpous" - che significano anch'essi la frutta, ad esempio in ascocarpo e pericarpo.
  • Carpello - l'organo riproduttivo femminile di un fiore.
  • Carpologia - lo studio di frutti e semi.
  • Carpoforo - il corpo fruttifero di un fungo.
  • Il nome proprio Carpoforo (letteralmente "fruttifero").

Parole imparentate si possono trovare in molte lingue indo-europee, tra cui l'inglese moderno in parole come "harvest" (dalle lingue germaniche), "carpet", " excerpt" e "scarce" (dal latino). Anche le lingue neolatine hanno sviluppato la medesima radice (es. in italiano carpire), attingendo per lo più dal verbo latino carpo, affine al greco Karpos e probabilmente da esso discendente come significato (afferrare, prendere, cogliere, per estensione dal cogliere la frutta con la mano): ad esempio una nota espressione in lingua latina è carpe diem ("cogliere il tempo"), che utilizza in senso figurato quel verbo.

 

Il pube è la porzione infero-ventrale dell'area iliaca, sostenuta da due ossa, a loro volta chiamate pube pari e simmetriche che, unitamente all'ileo e all'ischio, concorrono a formare la cintura pelvica dei tetrapodi. Tranne che negli uccelli e negli arcosauri, i due pubi sono uniti tra loro da una sinfisi che in alcune specie può interessare gli ischi e il cui legamento interosseo, nelle femmine di mammifero si rammollisce durante la gravidanza e si rilascia durante il parto. Nell'uomo, la regione anatomica del pube, di forma triangolare, nella pubertà si ricopre di peli.


 

Anatomia umana

Nell'uomo l'osso pubico è composto da tre parti:

  • ramo superiore o ilio-pubico,
  • corpo anteriore,
  • ramo inferiore o ischio-pubico.

Sopra l'osso e la sinfisi pubica si trova una massa di tessuto lipidico che, soprattutto nel sesso femminile, può presentarsi come un rilievo tondeggiante, detto monte di Venere o monte del pube.


 

Anatomia comparata

Lo scheletro degli uccelli assomiglia a quella dei rettili più che a quello dei mammiferi. L'osso pelvico che supporta l'elemento posteriore comprende un lungo e sottile ramo, diretto obliquamente all'indietro, parallelo all'ischio ed alla porzione acetabolare dell'osso dell'anca: all'incrocio di queste tre parti del bacino si trova l'acetabolo, con la sede per la testa del femore. L'orientamento del pube è cambiato nel corso dell'evoluzione e l'orientamento parallelo all'ischio negli uccelli si riconduce ad un simile orientamento già nell'ordine dei dinosauri ornithischia.

 

In anatomia topografica la regione inguinale o inguine indica la porzione anteriore, laterale ed inferiore della parete addominale. Corrisponde a quella che in semeiotica viene indicata come fossa iliaca. Delimitato scheletrometricamente dall'anca, l'inguine è identificato in superficie dalla piega che connette l'arto inferiore al tronco, pertanto è il corrispettivo caudale dell'ascella, alla quale è accomunato per la presenza del caratteristico gruppo linfonodale, nonché di caratteristiche cutanee comuni (in particolar modo, le ghiandole sudoripare apocrine).


 

Generalità

La regione inguinale, di forma triangolare, è delimitata sui tre lati:

  • dal margine laterale del muscolo retto dell'addome
  • da una linea ideale orizzontale tracciata tra la spina iliaca anteriore superiore e il margine laterale del muscolo retto
  • dal ligamento o legamento inguinale conosciuto anche come legamento o arcata di Falloppio o ancora come legamento di Poupart: che si estende dalla spina iliaca anteriore superiore al tubercolo del pube.

Il legamento inguinale corrisponde, nella sua proiezione cutanea, alla piega dell'inguine e traccia il confine tra la regione inguinale, addominale, e un'area inferiore, alla radice della coscia, che prende il nome di regione crurale sede, a sua volta, di una porta responsabile della formazione delle ernie crurali.


 

Parete addominale

Nella regione inguinale la parete addominale è costituita dai tre muscoli larghi dell'addome e dalla fascia trasversale.

  • Muscolo obliquo esterno. È il più grande dei muscoli addominali. I suoi fasci partono dalle ultime 8 coste e si dirigono in basso, verso il bacino formando una robusta struttura aponevrotica che:
    • in parte volge all'indietro e verso l'alto per inserirsi sul ramo superiore del pube, lungo la cresta pettinea dando origine al legamento lacunare di Gimbernat. Questo legamento , proprio a ridosso della linea pettinea, trova un piccolo fascio di fibre indipendenti che lo rinforzano e che prende il nome di legamento pettineo di Cooper.
    • per il resto forma il legamento inguinale vero e proprio che si fissa: da un lato sulla spina iliaca anteriore superiore, dall'altra sul pube. Le fibre che si inseriscono sul pube si dividono in tre fasci:
      • due fasci superficiali che divaricandosi vanno a inserirsi rispettivamente
        • lateralmente sul tubercolo del pube (formando il pilastro laterale di un'apertura all'incirca ovale che corrisponde all'anello esterno o orifizio esterno del canale inguinale).
        • medialmente sulla sinfisi pubica (formando il pilastro mediale).
      • un fascio profondo o legamento riflesso di Colles che, dopo aver oltrepassato la linea mediana, va ad inserirsi sul tubercolo del pube controlaterale (costituisce il pilastro posteriore dell'orifizio esterno del canale inguinale).
  • Muscolo obliquo interno. È più profondo rispetto all'obliquo esterno. Termina con alcuni fasci muscolari dei quali:
    • quelli anteriori vanno a fissarsi sul tubercolo del pube e sulla cresta pettinea ove trovano i fasci del muscolo trasverso dell'addome con i quali si fondono formando il tendine congiunto.
    • altre sue fibre formano il muscolo cremastere che accompagna il funicolo spermatico fin nello scroto.
  • Muscolo trasverso dell'addome. Dei tre muscoli è quello più profondo. Le sue fibre decorrono trasversalmente.
    • Nella sua parte superiore i fasci muscolari, fondendosi in una aponevrosi, si volgono medialmente verso il muscolo retto dell'addome che raggiungono e scavalcano al davanti. L'aponevrosi assume una forma a concavità mediana detta linea semilunare di Spigelio sede delle ernie omonime.
    • In basso il muscolo si inserisce sul tubercolo pubico e sulla cresta pettinea formando, insieme al muscolo obliquo interno, il tendine congiunto.
  • Fascia trasversale. È una sottile membrana fibrosa che ricopre la faccia posteriore o profonda del muscolo trasverso dell'addome. In corrispondenza della regione inguinale questa struttura diventa spessa e robusta e per tale motivo fu ritenuta particolarmente importante da Edoardo Bassini che la pose a fondamento della sua tecnica di ricostruzione della parete inguinale dopo intervento di erniotomia.

Nel suo decorso la fascia trasversale, o fascia transversalis,

  • a livello dell'anello inguinale interno si accolla al funicolo spermatico formandogli un rivestimento che scende fino al testicolo al quale fornisce la tonaca vaginale comune;
  • a livello dell'anello crurale circonda i vasi femorali e contribuisce a formare il setto femorale di Cloquet;
  • viene rinforzata da alcuni fasci di fibre che formano il:
    • legamento di Henle: piccola struttura triangolare il cui margine mediale corrisponde al muscolo retto, quello laterale si presenta incurvato a forma di falce (per cui il legamento è conosciuto anche come falce inguinale) e il lato inferiore coincide e si fonde con il legamento di Cooper;
    • legamento di Hesselbach o legamento interfoveolare, formazione anch'essa triangolare che si fonde in basso con il legamento inguinale;
    • legamento di Thompson o benderella ileo-pubica: le sue fibre vanno dalla spina iliaca anteriore al pube. Corrisponde al legamento inguinale, con il quale si fonde, avendo sede più profonda.

Il triangolo di Hesselbach compreso tra legamento di Cooper, vasi epigastrici e margine laterale del retto dell'addome è l'unica zona ricoperta solo dalla fascia trasversale per cui rappresenta il punto debole del piano posteriore della regione inguinale.


 

Strutture della regione inguinale

La regione inguinale in patologia chirurgica ha grande importanza perché è sede della porta attraverso la quale si fanno strada le ernie inguinali.

Legamento inguinale

È una robusta struttura aponevrotica a partenza dal muscolo obliquo esterno che contrae solide aderenze anche con il legamento di Thompson e con quello di Cooper e che con le sue fibre distali forma l'anello inguinale superficiale. Nella tecnica di Bassini è utilizzato come struttura di ancoraggio dei punti di sutura.

Canale inguinale

Il canale inguinale è una struttura (quindi meglio denominata tragitto inguinale) nella quale decorrono il funicolo spermatico nel maschio ed il legamento rotondo nella femmina.

Questo canale, della lunghezza di circa 4 o 5 cm, è già presente nei primi mesi di vita embrionale. Intorno al settimo mese assume la sua forma definitiva e consente al testicolo, fino al quel momento contenuto all'interno della cavità addominale, la discesa in basso e verso l'esterno, nello scroto.

Nel corso di questa migrazione il testicolo spinge davanti a sé il peritoneo che forma una estroflessione, il dotto peritoneo vaginale che percorre il canale inguinale. In questo momento, pertanto, esiste una comunicazione tra cavità addominale e scroto. Una volta completata la discesa del testicolo il dotto, che non ha più ragione di esistere, va normalmente incontro a obliterazione e scompare mentre la sua parte distale, quella attorno al testicolo, rimane fornendogli la tonaca vaginale propria. Se alla nascita la obliterazione è assente o incompleta il dotto resta pervio e rappresenta la soluzione di continuo nella quale possono penetrare i visceri mobili dando luogo alla formazione delle ernie inguinali congenite.

Pareti del canale inguinale

  • parete anteriore: è costituita dal muscolo obliquo esterno e dalla sua aponeurosi.
  • parete inferiore: è formata dalla faccia superiore del legamento inguinale che, a forma di doccia, accoglie il funicolo spermatico.
  • parete superiore: è formata dal margine inferiore del muscolo obliquo interno e del muscolo trasverso fusi insieme a formare il tendine congiunto.
  • parete posteriore:è costituita dalla fascia transversalis rinforzata:
    • lateralmente dal legamento interfoveolare di Hesselbach
    • medialmente dal tendine congiunto e dal legamento riflesso del Colles
    • in basso dal legamento di Henle, che a sua volta è fuso con il legamento di Cooper

pertanto la zona centrale (o mediana) della parete posteriore, essendo formata esclusivamente dalla fascia trasversale, rappresenta un'area di debolezza che favorisce la formazione delle ernie inguinali dirette.

Orifizi del canale inguinale

  • orifizio esterno o anello inguinale superficiale: ha sede in regione sovrapubica e corrisponde all'estremità distale e mediana del canale inguinale. È formato dalle fibre terminali del muscolo obliquo esterno che divaricandosi ne formano il pilastro mediale e laterale. Il pilastro posteriore è costituito dal legamento riflesso di Colles. Essendo in posizione sottocutanea può essere raggiunto ed esplorato dalla punta di un dito che, introdotto nello scroto, venga spinto verso l'alto.
  • orifizio interno o anello inguinale profondo. Posto all'estremità prossimale e laterale del canale inguinale ha una forma all'incirca ovale e si forma per divaricamento delle fibre della fascia trasversale.

 

Fossette peritoneali

In regione inguinale la parete della cavità addominale, vista dall'interno, presenta una serie di incavi dette fossette inguinali. Esse sono tre per lato e corrispondono alle depressioni che si formano tra le salienze dove il peritoneo scavalca:

  • il legamento ombelicale medio, unico e centrale, che dalla vescica risale verso l'ombelico e che rappresenta il residuo dell'uraco.
  • il legamento ombelicale laterale, di destra e di sinistra, residuo delle arterie ombelicali, che sale dalle regioni laterali della vescica verso l'ombelico.
  • l'arteria epigastrica inferiore, di destra e di sinistra, che dal basso si porta in alto e lateralmente verso l'ombelico.

Per questo motivo la superficie peritoneale presenta una plicatura mediana e due laterali tra le quali si formano tre fossette per lato, sia a destra che a sinistra, e che vengono indicate come:

  • fossetta interna posta tra il legamento ombelicale mediano ed il legamento ombelicale laterale
  • fossetta mediana posta tra il legamento ombelicale laterale e l'arteria epigastrica inferiore
  • fossetta laterale posta lateralmente alla arteria epigastrica.

Queste fossette rappresentano delle aree di debolezza nei quali può determinarsi la formazione di un'ernia.


 

Anatomia patologica

La fossetta laterale corrisponde all'orifizio inguinale interno ed è la sede più frequente di ernie. L'ernia che si fa strada in questo punto viene indicata come: ernia obliqua esterna. Questa può penetrare solo in parte lungo il canale inguinale oppure può percorrerlo completamente, addirittura in alcuni casi può oltrepassarlo e raggiungere la borsa scrotale (ernia scrotale).

La fossetta media corrisponde a quella zona della parete posteriore del canale inguinale che essendo costituita esclusivamente dalla fascia trasversale è più debole. È sede dell'ernia diretta.

La fossetta interna è responsabile della formazione dell'ernia obliqua interna, più rara.


 

Contenuto del canale inguinale

Nel canale inguinale del maschio decorre il funicolo spermatico che è composto dalle seguenti strutture:

  • dotto deferente che porta gli spermatozoi dal testicolo ai dotti eiaculatori
  • arteria deferenziale ramo della arteria vescicale inferiore
  • arteria spermatica interna ramo diretto dell'aorta
  • arteria spermatica esterna ramo dell'arteria epigastrica inferiore
  • sistema venoso posteriore che confluisce nella vena epigastrica inferiore
  • sistema venoso anteriore che confluisce direttamente nella cava inferiore (a destra) e nella vena renale (a sinistra)
  • sistema linfatico del testicolo.
  • ramo genitale del nervo ileo-ipogastrico
  • ramo genitale del nervo ileo-inguinale
  • ramo genitale del nervo genito-femorale

Questi nervi decorrono nella guaina fibrosa che circonda gli elementi del funicolo e che è formata dalla riflessione della fascia transversalis sul funicolo, all'altezza dell'orifizio inguinale interno.

Occorre ricordare che il sacco erniario, percorrendo il canale inguinale si fa strada infiltrandosi tra gli elementi del funicolo spermatico. Pertanto, in corso di intervento chirurgico, la manovra di isolamento del sacco deve essere effettuata con delicatezza per salvaguardare queste strutture.

Nel canale inguinale della donna corre il ligamento rotondo, apparato di sostegno dell'utero, che accompagnandosi a piccoli vasi e a qualche filuzzo nervoso si sfiocca sul monte di venere e sulle grandi labbra della vagina.

 

Il bacino o pelvi è la struttura osteo-articolare situata all'estremità caudale del tronco. In anatomia regionale, i due termini fanno riferimento a strutture anatomiche diverse tra loro, pertanto occorre disambiguare il termine e specificare che:

  1. Nella terminologia ufficiale, si parla di cingolo pelvico o cintura pelvica, intendendo l'insieme di:
    • Osso dell'anca (detto anche osso iliaco oppure osso coxale), a sua volta costituito dagli elementi ossei ileo, ischio e pube;
    • Osso sacro (Vertebre SI-SII-SIII-SIV-SV);
    • Coccige;
    • Sindesmosi del cingolo pelvico: membrana otturatoria e canale otturatorio;
    • Sinfisi del cingolo pelvico: sinfisi pubica;
    • Articolazione sacroiliaca
  2. In anatomia topografica ci si può riferire anche alla regione pelvica, ovvero a quella parte di corpo compresa tra l'addome e gli arti inferiori, e pertanto comprendendo:
    • il cingolo pelvico o cintura pelvica;
    • la cavità pelvica
    • il pavimento pelvico;
    • il perineo.

 

Descrizione del cingolo pelvico

Il complesso del bacino è formato dall'articolazione di:

  • due ossa iliache, che compongono la porzione antero-laterale del bacino e si articolano tra loro sulla linea mediana mediante la sinfisi pubica;
  • osso sacro, che chiude posteriormente il bacino e si articola ai lati con le ossa iliache nell'articolazione sacroiliaca;
  • coccige, che articolandosi con l'osso sacro chiude posteriormente la porzione inferiore del bacino ricevendo l'attacco di importanti muscoli e legamenti.

L'articolazione delle due ossa iliache con l'osso sacro permette di osservare sulla superficie interna del bacino un caratteristico restringimento di forma ovalo-circolare, detto stretto superiore del bacino, che permette di suddividere il bacino in una porzione superiore, detta grande pelvi e una inferiore detta piccola pelvi.

Lo stretto superiore si disegna bilateralmente su una linea che nella parte posteriore origina dal promontorio e dal margine superiore delle ali del sacro, si continua lateralmente nella linea arcuata e nella cresta pettinea per chiudersi anteriormente sul tubercolo pubico e sulla cresta pubica. Le pareti della grande pelvi sono formate dalle ampie superfici delle fosse iliache delle ossa dell'anca. Le pareti della piccola pelvi sono invece formate posteriormente dalla superficie anteriore dell'osso sacro e del coccige, anteriormente dalla superficie posteriore del pube e lateralmente dalla superficie mediale dell'ischio e del ramo del pube. Il coccige è articolato con l'osso sacro, anch'esso derivato da fusione degli ultimi abbozzi vertebrali (quattro/cinque). Offre inserzione ad alcuni muscoli del pavimento pelvico, al Grande legamento Sacro-ischiatico o sacro-tuberoso e ad alcuni prolungamenti finali della Dura Madre spinale, l'involucro che protegge il midollo.

Infine la piccola pelvi termina inferiormente con un restringimento, anch'esso di forma ovalo-circolare, che costituisce lo stretto inferiore. Lo stretto inferiore si disegna bilateralmente su una linea che nella parte anteriore origina dalla sinfisi pubica e seguendo il margine inferiore dei rami ischiopubici e delle tuberosità ischiatiche, si continua lateralmente nel margine inferiore dei legamenti sacrotuberosi e si chiude posteriormente all'apice del coccige.

L'angolo formato dai rami ischiopubici delle due ossa iliache e avente vertice nel margine inferiore della sinfisi pubica è detto arco pubico o angolo pubico.

Le ossa dell'anca derivano dalla fusione di tre ossa, che nel neonato sono indipendenti. L'ileo è quello di maggiori dimensioni e forma la parte superiore ed esterna del bacino. Il suo margine superiore, arcuato, costituisce la cosiddetta cresta iliaca. Posteriormente si articola con l'osso sacro. L'ischio ha forma di L, con l'angolo rivolto indietro e in basso: questo angolo forma la tuberosità ischiatica , che regge il peso del corpo in posizione seduta. Il pube è posto anteriormente e presenta un braccio grosso modo orizzontale che si unisce all'ileo detto branca Ileo-pubica, e un braccio rivolto in basso e all'indietro che si unisce all'ischio, o branca Ischio -pubica. Sulla superficie esterna del bacino, le tre ossa concorrono a formare una depressione di forma quasi emisferica, chiamata acetabolo entro la quale si articola la testa del femore (il primo osso dell'arto inferiore).

Nel bacino è possibile distinguere due regioni: il Grande Bacino superiormente e il Piccolo Bacino nella porzione inferiore. Il limite tra queste due zone (orifizio dello stretto superiore) è segnato dalla linea innominata presente sulla faccia interna delle ali iliache e dal promontorio sacrale posteriormente. Nel piccolo bacino trovano alloggio e protezione in particolare gli organi del sistema uro-genitale; lo spazio caudale delimitato dalle tuberosità ischiatiche, dalle branche ischio-pubiche e dal coccice, prende il nome di orifizio dello stretto inferiore. Nella sua porzione superiore il bacino appare come un tronco di cono rivolto verso l'alto e l'avanti mentre nella porzione inferiore è orientato in basso e indietro.


 

Differenze fra i sessi

Nell'uomo il bacino si sviluppa maggiormente in altezza assumendo una posizione più verticale rispetto al bacino della donna che si sviluppa maggiormente in larghezza e assume una posizione maggiormente inclinata in avanti. In particolare lo stretto superiore e l'angolo pubico femminile si presentano più ampi che nell'uomo. Inoltre, come avviene per molte altre ossa, nel maschio le ossa iliache e sacrali si presentano più spesse e più pesanti di quelle della donna.

Sia nell'uomo sia nella donna, la pelvi contiene organi di grande importanza quali la vescica, il retto e il sigma. Esso contiene inoltre organi dell'apparato riproduttore, che quindi si differenziano a seconda del sesso. Nella donna la pelvi ospita l'utero, le tube, le ovaie e la vagina. Nell'uomo la pelvi ospita la prostata, i dotti deferenti e le vescichette seminali.


 

Diametri fondamentali delle pelvi

  • La coniugata anatomica, che si misura dal promontorio alla cresta pubica e misura in media 11 cm.
  • La coniugata diagonale, che si misura dal promontorio al margine inferiore della sinfisi pubica e misura 12 cm.
  • Il diametro traverso, che si misura tra i punti di massima concavità delle linee arcuate delle due ossa iliache del bacino. Esso indica la larghezza massima dell'apertura superiore della piccola pelvi e misura in media 14 cm.
  • I diametri obliqui, ciascuno dei quali si misura dall'articolazione sacro-iliaca di un lato alla eminenza ileo pettinea eterolaterale. Essi misurano in media 13 cm.

Questi diametri subiscono delle modificazioni considerevoli in gravidanza per permettere al bambino di nascere. Diametri fondamentali troppo piccoli, pur non costituendo un problema durante la gestazione, possono rendere il parto molto difficoltoso, se non pericoloso, durante il passaggio del bambino attraverso lo stretto superiore. In questi casi si è soliti optare per un parto cesareo.


 

Forme

A seconda della forma dello stretto superiore si possono distinguere:

  • pelvi androide, la cui forma ricorda un cuore la cui punta si trova alla sinfisi pubica, tipica della pelvi maschile;
  • pelvi ginoide, a forma rotondo-ovalare, tipica della pelvi femminile;
  • pelvi antropoide, a forma ovale, che è possibile ritrovare nelle scimmie antropoidi.

Forme patologiche della pelvi sono:

  • pelvi di Otto, dal nome del chirurgo tedesco Adolph Wilhelm Otto, con una tipica lussazione delle ossa dell'anca;
  • pelvi lordotica, con manifesta lordosi.

L'anca è la regione anatomica che unisce il tronco, nello specifico la sua regione pelvica, alla coscia e quindi all'arto inferiore.

Per estensione, con "anca" si può intendere l'articolazione dell'anca, nota anche come articolazione coxofemorale, ovvero l'enartrosi tra il cotile dell'osso iliaco e la testa del femore.


 

Anatomia

Superfici articolari

La superficie articolare del cotile (o acetabolo) è costituita dalla superficie semilunare o superficie lunata, un anello fibrocartilagineo incompleto a forma di "C" ruotata di 90° in senso orario, tendenzialmente più stretto nella sua parte pubica e più largo nelle restanti porzioni, delimitata esternamente dal curvo margine dell'acetabolo ed internamente dal suo margine con la fossa acetabolare, posta più in profondità nella cavità acetabolare. Complessivamente costituisce circa i 3/4 di una circonferenza, interrotta dall'incisura acetabolare sottostante. La sua parte mediale (circa 1/5 dell'area totale) è costituita dal pube, la superiore (3/5 dell'area totale) dall'ileo, la laterale (2/5 dell'area totale) dall'ischio.

La sua superficie è liscia e ricoperta da cartilagine articolare ialina, che risulta più spessa ove la pressione del peso corporeo in posizione eretta è maggiore, cioè dove la sua superficie risulta più ampia. Questa cartilagine articolare deborda dal margine dell'acetabolo costituendo il labbro acetabolare, il cui bordo è leggermente ripiegato all'interno, così da restringere il diametro della cavità acetabolare e rendere l'articolazione coxo-femorale più profonda rispetto a quanto permetterebbero le sole superfici articolari ossee, oltre ad aumentarne la stabilità grazie all'azione di contenimento della testa del femore e all'effetto suzione. Presso l'incisura acetabolare le due estremità del labbro sono collegate dal legamento acetabolare trasverso. La fossa acetabolare invece è priva di cartilagine, ma riempita sino a livello di questa da tessuto adiposo fibroelastico, a sua volta rivestito dalla membrana sinoviale.

La testa del femore ha una forma sferoidale in gioventù (circa i 3/4 di una sfera), ma diviene con l'avanzare dell'età sempre più sferica e possiede una curvatura inversa rispetto all'acetabolo, con la quale non è congruente. La sua liscia superficie ossea è completamente rivestita da cartilagine articolare ialina, più spessa al centro che ai margini ed in generale dove essa subisce un maggior carico, fatta eccezione per la fovea capitis (fossetta della testa del femore) dove è inserito il legamento rotondo del femore, grazie al quale è collegata alla fossa acetabolare. Spesso anche la parte del collo del femore più prossimale alla testa è rivestita di cartilagine.

Legamenti e capsula fibrosa

La capsula fibrosa dell'articolazione coxo-femorale è spessa e robusta. Origina mezzo centimetro medialmente al margine acetabolare, seguendone perlopiù il profilo sia anteriormente che posteriormente, fatta eccezione per alcune fibre che si fondono inferiormente all'acetabolo con il legamento acetabolare trasverso e con il margine superiore della membrana otturatoria. Le sue fibre longitudinali, dirette lateralmente, si inseriscono presso la linea intertrocanterica sulla faccia anteriore del femore, mentre si fermano alla metà del collo posteriormente e sono generalmente più spesse nella sua parte antero-superiore rispetto a quella posteriore. Spesso si fondono con il legamento ileofemorale. Una seconda tipologia di fibre, dette orbicolari, sono interne alle longitudinali e si fissano attorno al collo del femore, avvolgendolo e fondendosi in parte con i legamenti pubofemorale e ischiofemorale.

L'articolazione coxo-femorale presenta cinque legamenti, che influiscono sulla stabilità articolare con movimenti di estensione e rilassamento: ileofemorale, ischiofemorale, pubofemorale, rotondo del femore e acetabolare trasverso.

Il legamento ileofemorale, o del Bigelow, o di Bertin, è il più esteso e robusto dell'articolazione, viene talvolta definito legamento ad Y per la sua caratteristica forma ad Y ribaltata. Il "gambo" della Y, che costituisce l'apice, si inserisce lateralmente alla spina iliaca antero-inferiore e medialmente al margine acetabolare e costituisce la porzione centrale più debole del legamento, il quale poi si divide in una porzione mediale, che discende inferomedialmente verso la linea intertrocanterica, ed una laterale, che scende inferolateralmente verso di essa e la parte inferiore del grande trocantere. Alcune sue fibre sono spesso fuse con la capsula articolare antero-superiore.

Il legamento pubofemorale è di forma triangolare, la sua base origina dall'eminenza ileopettinea e dalla cresta otturatoria. Le fibre si portano inferolateralmente sino a fondersi, rinforzandolo, con la porzione mediale del legamento ileofemorale.

Il legamento ischiofemorale è costituito da una parte centrale che origina superiormente alla tuberosità ischiatica e si porta con andamento a spirale sino al grande trocantere del femore, fondendosi parzialmente con il legamento ileofemorale. Le parti mediale e laterale circondano posteriormente il collo del femore, inspessendo la capsula articolare.

Il legamento acetabolare trasverso è una corta banda di collagene che collega a ponte le due estremità del labbro acetabolare, chiudendo l'incisura acetabolare e costituendo il margine inferiore della fossa acetabolare in vivo. Possiede forami che lasciano passare rami del nervo otturatorio e dell'arteria otturatoria.

Il legamento rotondo del femore origina dalla parte inferiore della fossa acetabolare, appena sopra il legamento trasverso (con cui si fondono alcune fibre), e si inserisce sulla testa del femore presso la fovea capitis. Il legamento si tende durante l'adduzione dell'anca e si distende durante l'abduzione. È completamente avvolto dalla guaina sinoviale e sopra di esso (internamente alla guaina), decorre l'arteria del legamento rotondo, ramo dell'arteria otturatoria, che si porta sin sulla testa del femore.

Guaina sinoviale e borse articolari

La guaina sinoviale dell'articolazione coxo-femorale riveste tutta la superficie interna della cavità acetabolare nonché la testa e il collo del femore sino alla linea intertrocanterica, sia anteriormente che posteriormente (dove però si ferma a metà del collo del femore come la capsula), senza tuttavia oltrepassare mai le inserzioni della capsula fibrosa, che la ricopre completamente.

La borsa ileo-pettinea è la principale dell'articolazione coxo-femorale, si trova anteriormente al legamento ileopettineo ed è in comunicazione con il resto dell'articolazione dell'anca mediante una cavità posta tra i legamento ileopettineo e il pubofemorale. In vivo anteriormente ad essa vi sono i muscoli grande psoas e iliaco che confluiscono nel tendine dell'ileopsoas, principale flessore della coscia sulla pelvi.


 

Movimenti

L'articolazione dell'anca è una enartrosi che permette ampi movimenti di flessione ed estensione (sul piano sagittale), abduzione ed adduzione (sul piano frontale), rotazione e circumduzione.

 

L'ombelico è ciò che rimane della recisione praticata al cordone ombelicale al momento della nascita: la sua forma e dimensione viene determinata dal successivo processo di cicatrizzazione dei tessuti.

Posto tra i due muscoli retti dell'addome, ad esso è ancorato il fegato mediante il legamento rotondo, vestigia della vena ombelicale che, dalla placenta, porta al feto sangue con ossigeno e nutrienti.


 

Come si forma l'ombelico

L'ombelico si forma tramite un processo abbastanza lento. Dopo il parto, il cordone ombelicale viene reciso, e al moncone ombelicale viene fatto un nodo e poi viene fasciato. Il moncone ombelicale per cadere deve essiccarsi, quindi è buona norma non inumidirlo in continuazione, ma cambiare solo la garza sterile che lo racchiude. Il moncone dal colore grigio, diventerà verde poiché sta essiccandosi. Quando il moncone sarà totalmente secco, si stacca dall'addome del neonato.


 

Estetica

L'ombelico varia da persona a persona. La sua forma e dimensione non costituiscono però un carattere genetico e, quindi, il suo aspetto può essere utilizzato per distinguere due gemelli monozigoti.

Incavato o sporgente

L'ombelico è prima di tutto rilevabile in due aspetti:

  • Incavato
  • Pronunciato

Nel primo caso l'ombelico appare come una depressione, e visto da lontano dà l'impressione di un foro. È l'ombelico più comune sia nelle donne che negli uomini.

Nel secondo caso, piuttosto raro, un pezzo del cordone ombelicale tende a fuoriuscire dalla sua cavità. Questo ombelico si può incontrare facilmente nei bambini nei primi anni di vita, per poi rientrare automaticamente con il corso degli anni. Nelle donne in gravidanza tuttavia, a partire dal sesto mese l'ombelico tende all'eversione dalla sua cavità a causa della pressione del feto sul ventre, per poi rientrare normalmente dopo il parto.

Il bordo

Il bordo è la parte esterna dell'ombelico che introduce al fondo. Generalmente su questa parte vengono applicati i piercing. Questa parte può essere di due tipi:

  • Liscia
  • Striata

Il tipo striato è molto comune e si rappresenta con delle piccole torsioni all'inizio e all'interno dell'ombelico.

Il fondo dell'ombelico

Il fondo dell'ombelico è la parte meno visibile (nelle persone con ombelico incavato) ma la più delicata in quanto comunica direttamente con milza, stomaco e fegato. Anche qui si sono rilevati dei gruppi estetici scoprendo che in alcuni tipi il fondo si rappresenta liscio oppure con dei solchi evidenziati oppure lievi. Le torsioni sono delle piccole righe verticali che giacciono sul fondo dell'ombelico. Questo fenomeno dipende sempre dalla cicatrizzazione dei tessuti.

Il nodo

Il nodo è la parte centrale del fondo. Non compare in tutti i soggetti. Ha la dimensione di un neo di forma media e talvolta può essere sporgente.

La forma

Esistono sempre nuove forme per quanto riguarda l'ombelico. Le più conosciute sono:

  • Rotondo: detto anche "l'ombelico perfetto", solo pochi soggetti lo possiedono.
  • Ovale: è l'ombelico più comune.
  • A mandorla: la sua forma ricorda, appunto, quella di una mandorla.
  • A cappuccio: la parte superiore del cratere è abbassata.
  • A filo: dà l'impressione di un taglio verticale sull'addome. Poiché è molto stretto, il fondo di questo ombelico non è mai visibile. Questo caso è molto raro.

La profondità

La profondità dell'ombelico si può suddividere in tre categorie:

  • Nessuna: in questo caso l'ombelico è sporgente;
  • Media: il fondo dell'ombelico appare subito dopo il cratere;
  • Massima: il fondo dell'ombelico è ben nascosto e non si nota quasi mai. Questa profondità è la più frequente;

La dimensione

L'ombelico può apparire in varie dimensioni; quando è troppo dilatato, esso può apparire sproporzionato rispetto al proprio corpo.

È possibile ricorrere a questi interventi attraverso l'ombelicoplastica.

Il colore

Solitamente il colore dell'ombelico s'intona con quello della pelle del resto del corpo. In alcuni soggetti però il colore può variare dal rosso, marroncino, marrone tendente al nero oppure verdastro.


 

Pratiche connesse

L'ombelico è oggetto di piercing e tatuaggi.


 

La chirurgia estetica

Oggi, grazie alla chirurgia estetica, è possibile modificare la forma, l'aspetto e la dimensione del proprio ombelico: si tratta dell'"ombelico plastica".

L'intervento all'ombelico viene eseguito in anestesia locale e può durare dai 20 minuti ai 30 minuti.

Le correzioni per un ombelico più rotondo

Se l'ombelico è "a mandorla" si può operare per farlo diventare più rotondo. Vengono asportate due strisce di cute (sopra, sotto o destra, sinistra a seconda dei casi). L'ombelico apparirà quindi in una forma più tonda. Alla fine dell'intervento il chirurgo con piccole strisce di cerotto chiude i punti e chiude l'intera parte con un tampone di garza sterile.

Le correzioni per un ombelico più piccolo

Per rimpicciolire un ombelico grande si effettua un'incisione attorno alla circonferenza dell'ombelico, si asporta un piccolo anello di cute e poi si stringe mediante una sutura continua. Poi si tira il filo e l'ombelico si rimpicciolisce fino alla dimensione desiderata. Il bordo dell'ombelico, nel corso della cicatrizzazione, assume un contorno irregolare che è simile a quello naturale. Alla fine si applicano strisce di cerotti e una garza sterile.

Le correzioni per un ombelico più incavato

Se l'ombelico è sporgente, quest'ultimo si può correggere asportando la pelle in eccesso tramite un potente laser che è in grado di vaporizzare la cute al momento del suo passaggio. Alla fine, si medica il tutto con garza sterile e cerotto.

Le correzioni per un ombelico più grande

Per ultimo, è possibile anche ingrandire un ombelico piccolo: dopo aver inciso la forma desiderata, si applica un tappo in silicone (modellato) sull'incisione. Questo è l'unico intervento che non necessita di punti. Infatti, dopo che il tappo è stato fissato con il tampone di garza sterile, dopo la cicatrizzazione il tappo viene tirato, asportando così anche il pezzo di tessuto che rendeva l'ombelico più piccolo.

I tempi di guarigione

Prima di chiarire i tempi di guarigione è opportuno sapere che dovranno essere necessariamente assunti, dopo l'intervento, dei medicinali antinfiammatori e un antibiotico (4 - 5 giorni).

Per quanto riguarda i tempi di guarigione, avviene, per tutti i casi, nel giro di 14 o 15 giorni, fatta eccezione l'intervento per l'ombelico sporgente effettuato con il laser: esso infatti richiede solo 7 giorni.


 

Erotismo

L'ombelico è una zona erogena. Molti infatti (di ambo i sessi), sono attratti dall'ombelico femminile e fin dall'antichità l'ombelico è stato considerato come una delle principali zone che esaltavano la femminilità umana (basti pensare al Cantico dei Cantici, alla danza del ventre, alle danze polinesiane e alla cultura indiana secondo la quale l'energia femminile denominata shakti risiede proprio all'interno dell'ombelico, a tal proposito si ricorda il fatto che è uso e costume fra le donne indiane incastonare monili o gioielli – tecnica differente dal piercing in quanto non c'è perforazione della pelle – all'interno dell'ombelico proprio per esaltare tale parte che viene esposta spesso grazie alla conformazione del sari). Recenti studi affermano che l'ombelico femminile possa essere utilizzato come indicatore dello stato di salute genetico di una persona oltre che come segno di predisposizione alla gravidanza: la preferenza delle persone sarebbe maggiore (ma non assoluta) nei confronti degli ombelichi femminili a forma di ovale verticale e per quelli a forma di T proprio perché sarebbero un segno di fertilità.

 

L'avambraccio è la parte dell'arto superiore compresa tra il gomito e il polso. Il termine è usato in anatomia per distinguerlo dal braccio, parte compresa tra la spalla e il gomito.


 

Anatomia

Ossa

Le ossa dell'avambraccio sono due, il radio e l'ulna.

  • Il radio è l'osso laterale dell'avambraccio, è costituito da due estremità espanse, una prossimale ed una distale e da una diafisi o corpo. L'estremità prossimale è formata dalla testa del radio, di forma discoide, che si articola superiormente con il capitello dell'omero nell'articolazione del gomito tramite una fossetta e medialmente con l'ulna tramite l'incisura radiale, una depressione posta sulla superficie laterale dell'olecrano dell'ulna. Inferiormente la testa prosegue nel collo, una porzione ossea più ristretta ed allungata che però presto si espande inferiormente formando la tuberosità del radio, la cui parte antero-laterale è piuttosto liscia mentre la postero-mediale, appena separata dall'ulna e inserzione del tendine del bicipite, è scabra. Inferiormente alla tuberosità radiale inizia il corpo del radio, convesso lateralmente ma concavo anteriormente nella sua porzione distale. In sezione è triangolare, per cui l'osso ha tre margini, uno anteriore, uno interosseo o mediale, ed uno posteriore e tre facce una antero-mediale, una laterale, ed una postero-mediale. Il margine anteriore è ben visibile prossimalmente e distalmente alla diafisi dell'osso dove è una vera e propria cresta, ma tende a scomparire nella sua porzione media dove è arrotondato. Il margine posteriore è poco distinguibile se non prossimalmente, mentre distalmente diviene arrotondato. Il margine interosseo è ben definito ad acuto nella porzione media dell'osso e tende ad essere poco distinguibile prossimalmente e distalmente. Sulla superficie antero-mediale dell'osso, che è piatta e concava distalmente, nella sua porzione media, si riscontra il foro nutritizio. La superficie postero-mediale è piatta, quella laterale convessa. Il corpo del radio distalmente si espande sempre di più sino a formare l'estremità distale, che è la porzione più ampia dell'osso ed è quadrangolare. La sua superficie laterale, ruvida, si proietta inferiormente rispetto al resto dell'epifisi distale costituendo il processo stiloideo del radio. La superficie inferiore, o carpica, che si articola con le ossa del carpo è concava ed in realtà divisa in due superfici, una laterale ed una mediale, da una sottile cresta. La faccetta laterale, triangolare, si articola con lo scafoide, mentre quella mediale, quadrangolare, si articola con il semilunare. Sulla superficie anteriore l'osso si eleva in una cresta, mentre la superficie mediale si articola nell'articolazione radio-ulnare distale con la testa dell'ulna mediante l'incisura ulnare, una superficie concava e liscia. La superficie posteriore si espande nel tubercolo del Lister. È vascolarizzato da rami delle arterie radiale e ulnare e da rami delle arterie interossea anteriore e posteriore.
  • L'ulna è l'osso mediale dell'avambraccio, similmente al radio presenta due espansioni, una prossimale ed una distale ben più piccola unite da un corpo. L'estremità prossimale è l'olecrano dell'ulna, una struttura di forma simile ad un gancio, decisamente concavo anteriormente, che in vivo si articola con la fossa olecranica sulla faccia posteriore dell'omero. Presenta antero-medialmente un rilievo che costituisce il processo coronoideo dell'ulna, che si articola con la troclea dell'omero nell'articolazione del gomito. Sulla sua faccia laterale l'ulna si articola con il radio nell'incisura radiale. Sotto l'olecrano inizia il corpo dell'ulna, triangolare in sezione, che si assottiglia procedendo distalmente fino ad espandersi di nuovo nell'espansione distale, cioè la testa dell'ulna. È convesso posteriormente, concavo lateralmente e medialmente.

L'avambraccio è formato da molti muscoli, tra cui i flessori e gli estensori delle dita, il flessore del gomito e i pronatori e supinatori che consentono la rotazione parziale della mano. In tal senso, esso può essere diviso trasversalmente in due parti: quella superiore, comprendente gli estensori della mano, che sono supportati dai nervi radiali; quella inferiore, comprendente i flessori, che sono supportati dai nervi mediani. Anche il nervo ulnare si estende lungo l'avambraccio.

Le arterie radiali e ulnari, assieme alle loro ramificazioni, forniscono il sangue all'avambraccio. Esse si estendono sopra il radio e l'ulna, per poi scendere giù lungo l'intero avambraccio. Le principali vene superficiali sono le vene cefaliche, mediane antebrachiali e basiliche. Tali vene possono essere usate per il prelievo di sangue, soprattutto nella fossa cubitale, dove si congiungono il braccio e l'avambraccio.

Articolazioni

  • alle estremità dell'avambraccio
    • Gomito
    • Polso
  • all'interno dell'avambraccio
    • Articolazioni radioulnari

Muscoli

Nell'avambraccio si distinguono due compartimenti muscolari, separati dalla membrana interossea, anteriore e posteriore dove si trovano rispettivamente i muscoli anteriori dell'avambraccio e i muscoli posteriori dell'avambraccio. Tra gli inferiori si distinguono i muscoli laterali. I muscoli anteriori dell'avambraccio sono disposti su quattro piani sovrapposti, quelli posteriori su due.

Compartimento Piano Muscolo E/I Nervo
Anteriore primo Flessore radiale del carpo (flexor carpi radialis) E mediano
Anteriore primo Palmare lungo (palmaris longus) E mediano
Anteriore primo Flessore ulnare del carpo (flexor carpi ulnaris) E ulnare
Anteriore primo Pronatore rotondo (pronator teres) I mediano
Anteriore secondo Flessore superficiale delle dita (flexor digitorum superficialis) E mediano
Anteriore terzo Flessore profondo delle dita (flexor digitorum profundus) E ulnare e mediano
Anteriore terzo Flessore lungo del pollice (flexor pollicis longus) E mediano
Anteriore quarto Pronatore quadrato (pronator quadratus) I mediano
Posteriore (laterale) (vedi nota) Brachioradiale (brachioradialis) I radiale
Posteriore (laterale) superficiale Estensore radiale lungo del carpo (extensor carpi radialis longus) E radiale
Posteriore (laterale) superficiale Estensore radiale breve del carpo (extensor carpi radialis brevis) E radiale
Posteriore intermedio Estensore delle dita (extensor digitorum) E radiale
Posteriore intermedio Estensore del mignolo (extensor digiti minimi) E radiale
Posteriore superficiale Estensore ulnare del carpo (extensor carpi ulnaris) E radiale
Posteriore profondo Abduttore lungo del pollice (abductor pollicis longus) E radiale
Posteriore profondo Estensore breve del pollice (extensor pollicis brevis) E radiale
Posteriore profondo Estensore lungo del pollice (extensor pollicis longus) E radiale
Posteriore profondo Estensore dell'indice (extensor indicis) E radiale
Posteriore profondo Supinatore (supinator) I radiale
Posteriore profondo Anconeo (anconeus) I radiale

NOTA BENE:

  • "E" ed "I" stanno per "estrinseco" ed "intrinseco". Nella maggior parte dei casi, i muscoli estrinseci superiori sono flessori, mentre quelli estrinseci inferiori sono estensori.
  • Il muscolo brachioradiale, flessore dell'avambraccio, è localizzato in una posizione a metà tra la parte superiore e la parte inferiore.

Nervi

  • Nervo mediano
  • Nervo radiale
  • Nervo ulnare

Vasi sanguigni

  • Arteria brachiale
    • Arteria radiale
      • Arteria radiale ricorrente
    • Arteria ulnare
      • Arteria ulnare ricorrente superiore
      • Arteria ulnare ricorrente inferiore
      • Arteria interossea comune
        • Arteria interossea superiore
        • Arteria interossea inferiore

Altre strutture

  • Membrana interossea dell'avambraccio
  • Legamento orbicolare dell'ulna

 

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